by Sergio Segio | 22 Gennaio 2013 8:08
ROMA — Sono passati più di dieci giorni da quando Bersani ha pronunciato le fatidiche parole: «Siamo noi del Pd la lepre da inseguire in questa campagna elettorale».
Adesso però sembra che la situazione si sia ribaltata. Berlusconi e Monti la fanno da protagonisti e il leader dei Democrat appare schiacciato nella lotta mediatica tra i due. È un timore, questo, che nutre più di un rappresentante del Pd. Non Bersani, evidentemente. Che non sembra disposto a cambiare l’impostazione della sua campagna per attirare su di sé le luci della ribalta.
I sondaggisti sembrano dargli ragione. Gli esperti del settore, consultati dal Pd, infatti, hanno rivelato come gli italiani non si aspettino nel breve periodo una diminuzione delle tasse o altri «miracoli» del genere. «Quindi — spiega il leader ai suoi — raccontare favole per avere qualche titolo non paga. La mia campagna sembrerà noiosa ma è quella giusta. La gente vuole votare persone affidabili che abbiano idea di come uscire da questa situazione di crisi, non venditori di fumo».
Perciò adesso a ispirare Bersani sembra esserci un altro animale: la tartaruga della favola di Esopo. Sì, proprio quella che riuscì a tagliare il traguardo prima della lepre e che spiegò così la sua vittoria: «Non serve correre, bisogna partire in tempo».
In fondo è quello che dice il segretario quando spiega: «Questa campagna elettorale è l’esito di due anni di lavoro, il Pd è da tempo in marcia. E quando stai vincendo 3 a 0 devi gestire la partita per mantenere il risultato». A dire il vero è anche da più tempo che Bersani pensa a questa campagna: eletto segretario si è capito che già mirava in alto. E con la sua aria sorniona è andato avanti. Ha studiato anche il modo di evitare «l’effetto Unione»: «È una cosa che non si ripeterà mai più», è il suo ritornello. Per questo motivo ha deciso di limitare al massimo le uscite pubbliche con gli altri leader dell’Unione: Vendola, Nencini e Tabacci. La foto di gruppo dei big tutti appassionatamente insieme sul palco ricorda troppo la non felice esperienza dell’Unione. Meglio evitare al massimo questo rischio.
Bersani appare dunque tranquillo, eppure i sondaggi danno il Pd in costante calo. Secondo i dati diffusi ieri da Enrico Mentana al telegiornale de La7 il Pd si è attestato al 31,8 per cento, perdendo lo 0,6 in una settimana. Ma nemmeno questo dato sembra preoccupare il segretario: «Dopo le primarie per il candidato premier e per i parlamentari — spiega ai compagni di partito — un calo era fisiologico e prevedibile». Perciò neanche di fronte a questi sondaggi Bersani intensificherà la sua presenza mediatica che rispetto a quella di Monti e Berlusconi è di gran lunga più contenuta. Né tantomeno cercherà il confronto con il leader del Pdl: «Berlusconi — è il ragionamento del segretario — vuole a tutti i costi la rissa televisiva per evitare di parlare di programmi e di cose serie. Anche Monti in fondo punta molto alla propaganda. Noi no: noi vogliamo contrapporre a tutto questo il Paese reale». Con i suoi problemi, «ma anche — sottolineano dallo staff del leader — con le sue speranze».
Si, ecco, l’unica svolta, se così si può dire, di Bersani sarà quella di porre l’accento «sul futuro e sulla fiducia di farcela». Insomma, meno toni bui, come quelli dei manifesti che campeggiano da qualche giorno con la faccia non troppo ilare del segretario. Poi ci saranno gli spot nei cinema, ma non ne sarà il segretario il protagonista. E ancora, lontano dalle luci dei riflettori e dalle telecamere, in tre regioni chiave come Sicilia, Campania e Lombardia migliaia di volontari — quelli che si sono mobilitati per le primarie ma non solo loro — hanno cominciato il loro porta a porta, come si faceva ai tempi del Pci.
La cosa strana è che Matteo Renzi, che caratterialmente, culturalmente e politicamente è agli antipodi di Bersani sembra dare ragione al modo di agire del segretario: «Lui ha sempre giocato di rimessa, mandando gli altri avanti, e ha vinto, anche nelle primarie, perché non dovrebbe riuscirgli questa volta?».
Certo, si presenta in una veste insolita il sindaco di Firenze, ma per ora ha scelto questo stile: «Io sono a disposizione. E nessuno un domani potrà dire che non ho fatto per questa campagna tutto quello che potevo fare». Perciò Renzi farà tappa in Lombardia, Emilia, Veneto, Sicilia, Piemonte, e ovviamente, nella sua Toscana.
Bersani apprezza e si improvvisa c.t.: D’Alema gioca contro Monti, Vendola contro Ingroia e Renzi attrae voti che il segretario non riuscirebbe a ottenere. Perché, nonostante ostenti tranquillità , il segretario mantiene la testa sulle spalle: «Questa non sarà una campagna facile».
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