by Sergio Segio | 24 Gennaio 2013 8:51
I repubblicani hanno rinunciato al loro diktat precedente e hanno votato ieri alla Camera (dove sono maggioritari) per “sospendere” il tetto del debito federale. Per soli tre mesi, però. A maggio, teoricamente Washington sarà daccapo. Il Tesoro avrà esaurito nuovamente la sua capacità di finanziarsi emettendo nuovi titoli sui mercati, e dovrà tornare a chiedere l’autorizzazione al Congresso. I tre mesi di rinvio però sono un segnale politico importante: la destra batte in ritirata, lentamente abbandona i capisaldi della sua intransigenza. È il risultato di rapporti di forza più favorevoli a Obama dopo le elezioni di novembre. Nel 2011, quando i repubblicani avevano il vento a favore e il movimento anti-Stato del Tea Party occupava la scena, usarono il tetto del debito come un ricatto. Gli Usa sfiorarono il default, perché il Tesoro era quasi arrivato all’impossibilità tecnica di rifinanziarsi sui mercati. Il risultato fu un downgrading del rating sovrano degli Stati Uniti da parte di Standard & Poor’s, un’umiliazione senza precedenti. Nel 2013 la Casa Bianca ha deciso di non subire ricatti. Obama ha ripetuto più volte che il tetto del debito «non è negoziabile», anche perché se il debito federale sale è per effetto di spese che il Congresso ha già votato. Negare al Tesoro l’autorizzazione a finanziarsi, ha detto Obama, «è come rifiutarsi di pagare il conto dopo aver consumato». La ritirata della destra ora rinvia di fatto al 19 maggio la “resa dei conti” che doveva essere a marzo. Tuttavia con l’arrivo della primavera ci sarà un’altra scadenza cruciale: il 27 marzo scade il rinvio di tre mesi dei tagli alla spesa pubblica, rinvio concordato a Capodanno fra Obama e il Congresso per evitare il cosiddetto “precipizio fiscale”. A Capodanno Obama riuscì a far passare nuove tasse sui ricchi. A marzo, in cambio dei tagli alla spesa pubblica che dovranno riguardare anche il Medicare (assistenza sanitaria pubblica agli anziani) e la Social Security (pensioni), i democratici vorranno ottenere nuove misure fiscali redistributive. Il prossimo obiettivo, che sarà inserito in un disegno di legge della maggioranza democratica al Senato, è affrontare l’elusione fiscale delle imprese. Un reportage del
Wall Street Journal ha chiamato in causa tutte le multinazionali Usa, da Google a Microsoft, che tengono 1.700 miliardi di cash nelle filiali estere per sottrarli all’imposizione fiscale negli Stati Uniti.
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