Debito, è record storico del 127,3
Chiamiamola la profezia di Paul Krugman. Il premio Nobel per l’economia aveva preannunciato sul blog sul New York Times dell’11 dicembre scorso che la «bolla Monti» era scoppiata e che l’esile progetto del professore sostenuto dalla «strana maggioranza» Abc, Alfano, Bersani e Casini» aveva fallito su tutta la linea. Per questa ragione il tecnico «Salva Italia» aveva colto l’occasione di una convulsione pre-elettorale di Berlusconi per dimettersi anzitempo. La feroce analisi di Krugman è stata confermata ieri dalla rilevazione dell’Eurostat sul rapporto debito/Pil nell’Eurozona. Nel terzo trimestre del 2012, l’Italia ha registrato un picco record del 127,3, posizionandosi saldamente al terzo posto delle economie europee. Peggio hanno fatto solo la Grecia che svetta in classifica con il 152,6% (era al 149,2% a fine giugno), e il Portogallo con il 120,3%.
Nelle settimane in cui Monti meditava il colpo di scena per sfuggire al suo fallimento, l’Italia ha superato con un’impressionante progressione anche l’Irlanda, fino a pochi mesi fa considerata la maglia nera nell’Europa dell’austerità , che ha un rapporto debito/Pil del 117%. La prestazione del governo tecnico può essere apprezzata soprattutto su base annua, nel periodo in cui il «salvatore» della patria ha governato la scialuppa nel pieno dei suoi poteri eccezionali. Ebbene, il debito italiano è cresciuto di 7,4 punti percentuali. I dati Eurostat confermano, plasticamente, l’unicità del climax italiano rispetto al salotto buono delle economie europee dove il debito pubblico resta «quasi stabile» al 90% del Pil.
L’impegno di Monti è stato surclassato da Lituania, Malta e Austria che hanno abbattuto il debito con una determinazione che lo fanno impallidire. Sulla manifesta incapacità del governo di impostare una strategia credibile, anche nel rispetto delle volontà del presidente della Repubblica Napolitano, si scaglia il segretario della Cgil Susanna Camusso: «Questo nuovo record – afferma – è la conseguenza in parte della crisi che c’è, ma anche dell’aver fatto la scelta dei tagli senza avere la crescita e risorse». Camusso ha anche aggiunto che «questa situazione porta a un corto circuito tra recessione e aumento del debito». Seguendo l’analisi di Krugman, in realtà l’economia italiana non è nemmeno in recessione, ma in depressione. La sua «magia» di Monti, fondata sull’equilibrio isterico del dibattito politico ed economico, ha funzionato solo per qualche settimana, quando i rendimenti sui titoli italiani a 10 anni sono scesi a circa 200 punti base. Ma poi, tra un decreto «Salva Italia», una «spending review» e l’assalto alla diligenza della legge di stabilità , Monti ha aumentato le tasse, continuando a tagliare la spesa. In poche mosse ha realizzato quella che tecnicamente si chiama «depressione» perché – come ha confermato ieri anche il Fondo Monetario Internazionale – il Pil italiano è crollato dell’1%, anche se si prevede una timida crescita solo nel 2014. A novembre, l’Ue l’aveva già previsto, segnalando la stagnazione di un’economia ferma ad un più 0,1%. Oggi le previsioni sono decisamente drammatiche: il Pil è a meno 1,3%. La ricchezza bruciata è stata di 19 miliardi, mentre il debito è aumentato di 27 miliardi. Secondo i dati della banca d’Italia, è passato da 1909 a 1925 miliardi durante il mandato di Monti. Con una crescita sotto-zero e l’aumento delle tasse, Monti ha realizzato alla lettera la ricetta dell’austerità .
I Paesi che applicano le misure draconiane di controllo di bilancio non hanno cessato di incrementare il loro debito e oggi si sono consegnati alla «depressione cronica». Ma non è tutto perchè, stando alle più recenti previsioni, il debito è destinato a crescere ancora con il nuovo governo. Sempre l’Fmi sostiene che nel 2013 supererà quota 128% sul Pil e questo, con ogni probabilità , spingerà l’esecutivo a fare quella manovra straordinaria più volte smentita dal dimissionario ministro dell’Economia Grilli. Ma questa è solo campagna elettorale. La realtà tornerà a farsi sentire il 26 febbraio. E sarà ancora austerità bipartisan.
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