Da Pisanu a Bertolini: i transfughi senza posto

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ROMA — La zattera è piena e nessuno, al centro, è disposto a scansarsi per far spazio ai naufraghi dei due poli. Monti non ha avuto pietà , ha ignorato le suppliche e si è rifiutato di imbarcare quei parlamentari uscenti che avevano mollato gli ormeggi attratti dalle sirene centriste. E così, a destra e a sinistra, sono rimasti a bagno in tanti. Destinati ad affogare pure gli «eroi» del montismo, immolatisi nell’autunno del 2011 per far cadere il governo Berlusconi.
Lungo è l’elenco dei transfughi beffati, che si sentono «utilizzati e scaricati»: chi dal Professore, chi da Casini, chi da Riccardi, chi da Montezemolo… «Quelli di Italia Futura hanno la puzza al naso», sbatte la porta uno degli esclusi. E Santo Versace, un altro che si era fatto delle idee: «Avevo dato la mia disponibilità  a Monti, ma ho visto camarille, clientele e vecchie logiche spartitorie da compromesso storico».
Per tenersi alla larga e mettere al riparo la sua storia di veterano del Parlamento il senatore Beppe Pisanu si è sfilato due giorni fa, con una formula colma di amarezza: «Sostengo Monti, ma non partecipo ad esami di ammissione nelle sue liste. Non ho l’età ». Dopo quarant’anni di seggio, il teorico dell’unità  ex dc sognava di agguantare il record della longevità  parlamentare, ma il traguardo è sfumato. Eppure la prima pietra della casa dei moderati è opera di questo illustre pioniere del montismo, cui non è stato risparmiato neppure il tormento del totocandidati.
Un supplizio che un altro pezzo grosso del Pdl come Mario Mantovano, destra cattolica vicina ad Alemanno, ha sopportato fino a mercoledì, quando ha rinunciato con stile al seggio per «un insieme di ragioni personali». In mare aperto è rimasto anche Roberto Antonione, ma rifarebbe tutto: lascerebbe Berlusconi al suo destino, fonderebbe i Liberali per l’Italia con Gava, Sardelli, Pittelli e Giustina Destro, voterebbe a Monti una fiducia via l’altra… Tutto invano: «La riconoscenza non è virtù praticata in politica — si sfoga l’ex presidente del Friuli, che si credeva vicino a Montezemolo —. Chi è rimasto acquattato per saltare all’ultimo sul carro di Monti è stato premiato, mentre noi…». Ce l’ha con Monti? «Senza di me non avrebbe fatto il premier. C’è amarezza, certo». Ci ha parlato? «Non ha tempo. Lui parla con chi gli fa comodo, come la Vezzali. Forse sono un cretino perché non ho trattato». Cosa farà , adesso? «Sono dentista, una professione che non si dimentica». Luciano Sardelli risponde al cellulare dal suo ambulatorio di pediatra e dice di essere già  tornato al suo «amato mestiere», lui che quindici mesi fa fu determinante per far scendere «da quota 316 a quota 308» la maggioranza berlusconiana. Anche lei trombato? «No… Gli amici dell’Udc mi hanno offerto una candidatura, ma a Cesa e Casini ho spiegato che non sopporterei di essere accusato di trasformismo». Avrà  in cambio uno strapuntino al governo? «Io non voglio niente e non rinnego nulla, farò campagna elettorale per l’Udc».
Di lacrime e sale è colmo anche il mare in cui nuoteranno d’ora in avanti i profughi del Pd. Se Pietro Ichino è approdato per primo (e da protagonista) in terra montiana, il già  renziano Mario Adinolfi è in bilico dopo appena sei mesi da deputato: «Sono in mano a Ichino, ma se viene valutato che ci sono altri migliori di me, pazienza. Non ho gli strumenti, né l’ardimento necessario per oppormi fisicamente». Stefano Ceccanti ha lottato e si è arreso. Ieri il senatore uscente, costituzionalista di rango, ha inviato ai giornalisti un lungo papiello dal desolatissimo titolo «Rassegna stampa su mancata candidatura e questioni connesse». Fuori dalla Camera è rimasto anche un altro fan dell’agenda Monti come Salvatore Vassallo e la stessa sorte è toccata a Lucio D’Ubaldo. «Beppe, fo’ una strambata!» aveva detto a Beppe Fioroni prima di annunciare l’addio agli ex Popolari e al Pd per inseguire Monti: «Opportunismo? No, convinzione politica. Abbiamo subito un contraccolpo, ma ci crediamo ancora e non perderemo la dignità  della linea politica». Con lui, che aveva sperato nei buoni auspici del ministro Riccardi, restano in mezzo al guado Flavio Pertoldi e Giampaolo Fogliardi, mentre Benedetto Adragna ha qualche chance di essere candidato in Sicilia per incroci locali.
Salvo miracoli sono fuori anche i protagonisti della più massiccia scissione subita dal Pdl di recente, Isabella Bertolini e Giorgio Stracquadanio. Già  noti come i cospirati dell’Hotel Hassler — in cima a Trinità  de’ Monti prepararono il terreno all’esecutivo di Monti — i fondatori di Italia Libera furono bollati da Berlusconi come «traditori», ma in cambio non hanno avuto nulla. E così, oltre alla pasionaria del berlusconismo che fu e all’inventore del Predellino.it, restano a spasso l’avvocato Gaetano Pecorella, Franco Stradella, Angelo Santori e Roberto Tortoli. Stracquadanio sperava che dal Pdl lo avrebbero seguito in massa per andare con Monti: «Hanno preferito fare le vittime sacrificali di Silvio… Devono avere il gusto della macellazione». Lui quel gusto non ce l’ha e infatti è già  partito verso una nuova avventura in Lombardia, al fianco di Gabriele Albertini.


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