Con il Cavaliere il più alto aumento di tasse

by Sergio Segio | 13 Gennaio 2013 9:52

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Ci risiamo. La crociata berlusconiana contro le tasse è ripartita, con tutto il suo corredo di rito: gli attacchi al governo Monti che le ha alzate e le puntuali promesse elettorali, dalla cancellazione dell’Imu prima casa alla riduzione di Irpef e Iva.
Fino all’opzione zero-tasse per chi assume giovani. Insomma, si torna al passato, quando la destra minacciava scioperi fiscali, strizzava l’occhio agli evasori e annunciava operazioni “libera tutti”. Musica già  sentita, partitura già  letta. Ma questo déjà  vu tributario finisce per mischiare le carte della memoria, per far comparire avvenimenti mai accaduti o per cancellare fatti realmente successi. Sembra quasi che prima di Monti abbia governato una maggioranza capace di ridurre o quanto meno tener ferma la pressione fiscale. In realtà , non è andata così. Anzi, a conti fatti, con le ultime manovre il governo Berlusconi-Tremonti ha finito per alzare la pressione fiscale esattamente il doppio di quello che ha fatto poi il suo successore.

NIENTE RIDUZIONE
Quando il Cavaliere arriva a Palazzo Chigi nel maggio 2008 il peso delle tasse sul Pil è al 42,7 per cento. L’anno dopo, nonostante l’abolizione dell’Ici sulla prima casa, la pressione sale al 43,1. Negli anni successivi si riporta ai valori iniziali e fino al 2011 non cambia. Dunque, nessun forte aumento delle tasse ma neppure la caduta verticale promessa in campagna elettorale: secondo il programma del centrodestra sarebbero dovute scendere sotto il 40 per cento del Pil.

ANNUS HORRIBILIS
Poi arriva l’annus horribilis, il 2011, con l’Italia screditata sul piano internazionale per l’inerzia su conti pubblici e riforme e per gli scandali del premier. Lo spread parte al galoppo, e Tremonti vara una prima manovra. Le previsioni saltano, la pressione fiscale è destinata a salire a ridosso del 44% nei tre anni successivi. Lo dicono gli stessi documenti del Tesoro. Ma i nuovi interventi non riescono a risollevare l’immagine del nostro Paese che torna rapidamente ad essere bersagliato dai mercati. Così arriva il semi-commissariamento ad opera di Bce e Ue. Pressato dalla inusuale lettera di Trichet e Draghi, che detta misure e tempi, Giulio Tremonti si impegna a raggiungere il pareggio di bilancio con un anno di anticipo: nel 2013. Le misure necessarie, secondo l'”invito” europeo, dovrebbero consistere soprattutto in un taglio delle spese. Tremonti punta invece tutto sulle tasse. E qui si apre un capitolo ancora poco conosciuto.

BOMBA A SCOPPIO RITARDATO
Problema: come fare a far digerire al Paese un aumento delle imposte dopo aver sbandierato per anni e anni la liberazione degli italiani dalle spire di un fisco troppo soffocante? L’idea di Tremonti è un capolavoro di equilibrismo: coprire i miliardi mancanti scaricando l’onere fiscale sul futuro governo. Con il beneplacito del premier e di tutti i ministri, viene inserita nella manovra una clausola che, ai fini del bilancio, fa scattare non subito ma negli anni successivi tagli lineari del 20 per cento a regime su tutte le agevolazioni fiscali. Gettito previsto: 4 miliardi nel 2012, 16 nel 2013 e 20 nel 2014. Circa ottocento euro a famiglia, secondo le prime stime della Cgia. Queste misure potranno essere evitate solo se la futura riforma dell’assistenza darà  altrettanto gettito. Cosa assai improbabile, visti gli intollerabili tagli al welfare che comporterebbe.

STANGATA IRPEF
Dunque, taglio di tutte le agevolazioni fiscali, ma a scoppio ritardato. Si dirà : che male c’è. Tutti i governi cercano più o meno con successo di sfrondare qualche aiuto tributario a questa o a quella categoria. In questo caso, però, il governo Berlusconi-Tremonti va decisamente oltre, perché tra le agevolazioni tagliate non ci sono solo sconti più o meno ingiustificati come quelli sulle spese veterinarie o sul costo delle palestre. Ci sono anche quegli sgravi basilari che hanno lo scopo di alleviare il carico fiscale delle famiglie meno agiate e dei nuclei più numerosi. Ossia le detrazioni per lavoro dipendente e per carichi familiari. Insomma, si tagliano proprio gli aiuti che attribuiscono al nostro sistema fiscale una certa equità  sociale. E non è finita. Con un’aggiunta a dir poco sorprendente, dal momento che arriva da chi ha sempre tuonato contro le tasse sulla casa, si decide di abolite l’esenzione Irpef sull’abitazione principale.

PESANTE EREDITà€
Riassumendo, prima di andarsene il governo di allora lascia in eredità  al successivo nuove pesantissime tasse per le famiglie con figli e con redditi bassi e per tutte quelle che vivono in abitazioni di loro proprietà . Così quando arriva Monti, il nuovo governo si trova subito tra i piedi questa bomba ad orologeria e si affretta a sostituire la stangata Irpef (socialmente insopportabile) con un aumento più o meno differito dell’Iva. Nelle previsioni ufficiali per il 2013 e 2014, intanto, la pressione fiscale sale ancora: non più verso il 44 per cento ma a ridosso del 45. Tutto questo avviene prima del governo Monti, che poi, a sua volta, innalza ulteriormente la pressione fiscale portandola, come denuncia la Corte dei Conti, quasi un punto più su, appena sotto il 46%. A conti fatti, Silvio Berlusconi aumenta le tasse di due punti percentuali e Mario Monti di un altro punto. Risultato finale: due a uno.

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