Chrysler, braccio di ferro Fiat-sindacato

Loading

TORINO — Il braccio di ferro è cominciato. Fisiologico, dicono al Lingotto. Certamente in grado di movimentare i rapporti tra i due storici azionisti di Chrysler: Fiat e il fondo assistenziale del sindacato, il fondo Veba, i due protagonisti della rinascita dopo la bancarotta del 2009. Si avvicina infatti il momento del ritorno in Borsa e ciascuno dei contendenti è determinato a far valere i suoi diritti. L’annuncio di mercoledì notte, quando Veba ha comunicato di aver chiesto alla Sec la registrazione di un pacchetto del 16,6 per cento delle azioni Chrysler, è stato il segnale dell’inizio della battaglia.
Oggi Fiat possiede il 58,5 per cento della Chrysler mentre Veba mantiene il rimanente 41,5. I due contendenti hanno obiettivi diversi. Il Lingotto è interessato ad avere la piena proprietà  di Chrysler per poter poi procedere alla fusione con Fiat. Il fondo Veba ha invece interesse a ricavare il massimo dalla sua quota del 41,5 per cento per pagare al meglio assistenza sanitaria e pensioni ai dipendenti di Chrysler. In estrema sintesi: Marchionne deve far nascere un nuovo colosso dell’auto, il Veba deve pagare il dentista. Fino al luglio scorso il progressivo passaggio di azioni da Veba a Fiat si è svolto secondo le tappe previste senza particolari scossoni. In questo modo Fiat è passata dall’iniziale 20 per cento al 58,5 per cento della società  di Auburn Hill. Da luglio 2012 qualcosa nel meccanismo perfetto si è incrinato. Per la prima volta infatti, sulla base dell’accordo del 2009, Fiat avrebbe dovuto pagare cash a Veba un pacchetto di azioni. Quel primo pacchetto del 3,3 per cento è stato valutato da Fiat 150 milioni di dollari. Per Veba invece vale 260 milioni, quasi il doppio. La divergenza è finita in tribunale e entro marzo sarà  una corte del Delaware a stabilire chi ha ragione.
La decisione dei giudici è dirimente per il futuro della trattativa. Se avesse ragione Fiat, il valore complessivo di Chrysler sarebbe intorno ai 4,4 miliardi di dollari mentre se venisse accolta la tesi di Veba il valore oscillerebbe tra gli 8 e i 10 miliardi di dollari. Nel primo caso Fiat dovrebbe ancora sborsare 1,8 miliardi per conquistare il 100 per cento della società . Se avesse ragione Veba, tra i 3 e i 4 miliardi. Una clausola dell’accordo del 2009 blocca il 40 per cento del 41,5 per cento di azioni
detenute da Veba (in tutto il 16,6 per cento) concedendo a Fiat di acquistarle in cinque diversi pacchetti del 3,3 per cento ciascuno uno al semestre tra il 1 luglio 2012 e il 30 giugno 2013. E la corte del Delaware dovrà  stabilire quanto valgono quei pacchetti.
La mossa di due giorni fa di Veba è fatta apposta per premere su Fiat. Il fondo ha infatti registrato alla Borsa un pacchetto del 16,6 per cento identico a quello in discussione in questi mesi con il Lingotto. Con la minaccia velata di metterlo sul mercato per dimostrare che il suo valore è più alto di quello valutato da Torino. Ma se davvero Veba chiedesse di vendere il suo 16,6 per cento scatterebbe la quotazione in Borsa di Chrysler, operazione certamente rischiosa con la contrarietà  dell’azionista di maggioranza. Nella conference call del 30 ottobre scorso Marchionne aveva previsto la mossa di Veba: «Possono chiedere la registrazione a partire da gennaio 2013 e poi chiedere di quotarla». Ma non si era mostrato allarmato: «L’importante è che noi manteniamo i nostri diritti di call», su quel 16,6 per cento che porterebbe Fiat a conquistare il 75 per cento di Detroit.


Related Articles

Delta del Niger, la morbosità  del petrolio

Loading

Nel Delta del Niger si trova il 90 per cento delle riserve petrolifere e di gas della Nigeria, il primo Paese esportatore di greggio di tutto il Continente Nero con una produzione di poco più di due milioni di barili al giorno.

Le parti sociali spiazzate: ora incontro senza ministro

Loading

ROMA — È stata una falsa partenza. Qualcosa non ha funzionato. Nel clima che si è creato nella sala Verde di Palazzo Chigi, con i vertici delle parti sociali che si guardavano stupiti mentre erano costretti a seguire, senza avere il testo, Elsa Fornero che leggeva loro il lungo documento (8 pagine) sulle «Linee guida del governo per la riforma del mercato del lavoro».

Fisco e ricchezza In Italia più auto di lusso che redditi al top

Loading

Solo in Piemonte, Lombardia, Liguria e Lazio i proprietari di supercar sono meno di chi dichiara sopra 120 mila euro

No comments

Write a comment
No Comments Yet! You can be first to comment this post!

Write a Comment