“Che errore avere appoggiato i ribelli noi Touareg non siamo terroristi”

by Sergio Segio | 28 Gennaio 2013 8:03

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DEL popolo blu del deserto sono diventati il volto e la voce. Ma questo non li ha allontanati dalla loro gente: prima di essere star di livello mondiale, prima di vincere un Grammy che li ha fatti arrivare nel Gotha della musica internazionale, i Tinariwen erano e restano sopra ogni cosa Touareg: nomadi del Sahara, fieri di esserlo. Per la loro gente hanno combattuto: con le armi prima, animando la rivolta anti-Bamako degli anni ‘90, con la politica poi fra i dirigenti Touareg, con la musica infine, mettendo in note aspirazioni e sentimenti di un popolo intero.
Qual è la situazione nel nord del Mali, la zona che da secoli appartiene ai Touareg?
«I Touareg cercano di far rispettare la loro presenza su un territorio che nessuno può contestare come loro, ma è difficile. È una situazione terribile: è la diretta conseguenza dei tanti interessi mondiali che si sono scatenati nell’area».
Ma come si è arrivati a questo: Timbuctù, la vostra capitale, in mano agli estremisti e bombardata dai francesi?
«La situazione è confusa. Ma quello che sta accadendo è il risultato del comportamento della attuale dirigenza Touareg, ma non solo. Dipende anche dalla politica e dall’economia, da ragioni che sono fuori dal controllo dei singoli e che riecheggiano nella società  mondiale».
Ci sono anche le responsabilità  dei Touareg, che hanno appoggiato Ansar Dine e gli hanno consentito di penetrare nel territorio del Mali.
«È innegabile: i Touareg hanno sbagliato. Possiamo solo sperare che quelli che sono ancora con Ansar Dine lo facciano per rimanere sul territorio, per incunearsi nel nuovo potere in modo da avere un minimo di controllo sulla situazione della nostra gente. Il problema è che non c’è accordo sul futuro,
sugli obiettivi. Il risultato di tanta divisione è che la nostra cultura è in pericolo: non la si può assimilare all’ideologia del terrorismo. Aver fatto un errore iniziale non significa essere come i terroristi».
In questo quadro così complesso, ha fatto bene la Francia a intervenire?
«Qualunque cosa si pensi di come è gestito l’intervento, non si poteva lasciare la popolazione nella situazione in cui era. L’intervento è giustificato perché Parigi è parte fondamentale della storia coloniale di questa parte di mondo. Ma tutte le parti in causa ora si assumano la responsabilità  del problema dalle sue origini, ed esaminino le condizioni economiche e politiche che hanno dato origine a questa situazione».

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