Chà¡vez non giura e non si tocca

by Sergio Segio | 6 Gennaio 2013 8:38

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L’AVANA. A Caracas non ci saranno nuove elezioni perché l’assenza del leader è «temporanea», con l’avallo dei cubani. E i media Usa parlano di contrasti nel movimento bolivariano Hugo Chà¡vez manterrà  le sue funzioni di presidente eletto del Venezuela anche se, come quasi certo, non sarà  in grado di prestare giuramento a Caracas il 10 gennaio, data prevista per il suo nuovo insediamento. La decisione, presa dal vertice politico venezuelano, è stata resa nota venerdì in tv da Nicolà¡s Maduro, vicepresidente e successore designato dallo stesso Chà¡vez. «La formalità  del giuramento – ha affermato Maduro – potrà  essere effettuata di fronte al Tribunale supremo» in un secondo momento. All’Avana – dov’è in cura il presidente venezuelano – la linea del vertice politico venezuelano viene definita (dal quotidiano del pc Granma ) «di difesa della Costituzione venezuelana». La magna carta del Venezuela, viene sottolineato, fa una distinzione tra l’incapacità  «assoluta» di prestare giuramento da parte del presidente eletto e quella «temporanea». Quest’ultima situazione prevede che il Tribunale supremo può rinviare la decisione di indire nuove elezioni presidenziali in attesa che il presidente Chà¡vez recuperi la salute e possa giurare di fronte al Tribunale stesso. Il vertice politico chavista ha scelto dunque di prendere tempo. Da una parte, ovviamente, spera che il presidente venezuelano possa riprendersi dalle complicazioni respiratorie causate da un’infezione polmonare verificatasi dopo l’operazione dell’11 dicembre per estirpare un tumore (ma all’Avana c’è chi sostiene che potrebbe trattarsi di una metastasi polmonare). Dall’altra, l’ombrello della presidenza Chavez è ritenuto necessario per trovare o compattare un’unità  di linea tra diverse componenti del movimento bolivariano. In più occasioni il ministro delle comunicazioni e dell’informazione, Ernesto Villegas, ha denunciata la «guerra psicologica che la rete transnazionale dei media sta scatenando sulla salute del presidente con l’obiettivo finale di destabilizzare il Venezuela».
Il ministro si riferisce a varie fonti, in gran parte diffuse da mass media statunitensi, che hanno informato – o speculato – su un contrasto, di potere oltre che di linea politica, tra Maduro e il presidente dell’Assemblea nazionale, Diosdado Cabello. Quest’ultimo – ex militare che negli ultimi mesi ha acquistato quote di potere all’interno del movimento chavista proprio in virtù dell’appoggio di forti settori delle Forze armate – rappresenterebbe una linea militar desarrollista con una forte impronta «nazionalista», meno disposta a «una partnership strategica con Cuba» rispetto alla corrente civilista guidata da Maduro. Secondo alcuni analisti Cabello coltiverebbe aspirazioni di successione a Chà¡vez, nonostante la decisione di quest’ultimo di affidare la presidenza a Maduro in caso di sua morte o impedimento permanente. Sempre secondo tali fonti, sarebbero invece in calo le azioni politiche dell’ex vicepresidente Elà­as Jaua, leader della frazione talebana del chavismo. Qualunque sia lo stato del dibattito interno, il vertice politico venezuelano ha scelto invece una posizione comune – quella della legalità  del mandato di Chà¡vez anche in assenza temporanea del suo giuramento di fronte ai «tentativi di golpe minacciati dall’opposizione di destra».
 Quali siano questi tentativi lo ha specificato il vicepresidente Maduro: il dirigente «della cosidetta Tavola dell’unità  democratica, Ramà³n Guillermo Avelledo» persegue «un golpe rapido», ovvero la richiesta di indire immediatamente nuove elezioni presidenziali, mentre il candidato presidenziale «sconfitto (da Chà¡vez) Capriles Radonski» avrebbe scelto «un golpe lento». Entrambe questi tentativi «falliranno» ha assicurato ieri il ministro Villegas, mentre iniziava la riunione dell’ Assemblea nazionale che dovrà  dare un messaggio di unità  politica al Paese. «In Venezuela non vi è instabilità  politica – ha affermato il ministro. Al contrario vi è una leadership chiara e unita attorno al presidente Chà¡vez, col pieno sostegno delle Forze armate». Il quotidiano della gioventù comunista cubana Juventud Rebelde , sottolinea proprio questo aspetto, titolando «Maduro rivela le manovre dell’opposizione per un colpo di stato in Venezuela».
Questo fuoco di sbarramento in difesa della «legalità  costituzionale» in Venezuela, e dunque della continuità  della presidenza di Chavez, da parte del vertice politico di Cuba è diretto soprattutto contro le insistenti e sempre più dure accuse provenienti dagli Stati Uniti di una pesante ingerenza cubana – orchestrata, ovviamente, dai Castro – negli affari interni venezuelani. Pochi giorni fa il quotidiano di Miami in lingua spagnola El Nuevo Herald scriveva di «un piano orchestrato dall’Avana e con ampia partecipazione del regime cubano» per guidare una supposta «transizione al dopoChavez» in Venezuela. Fonti cubane «che preferiscono l’anonimato» e che «avrebbero informazioni sulle riunioni in corso all’Avana» avrebbero riferito di manovre attuate dagli uomini di Castro per «cercare di creare una sorta di politburo, un consiglio che operi nel consenso e che garantisca la stabilità  del chavismo in Venezuela, unendo potenziali eredi e rivali» (di Chà¡vez). La stessa fonte informa che «i cubani vogliono che Maduro presieda tale consiglio e che agisca da mediatore tra differenti fazioni e personalità ». Dunque, un’eventuale azione da parte cubana per favorire l’unità  del vertice politico venezuelano di fronte a una situazione difficile e in presenza di aperte manovre destabilizzatrici, che con pochi dubbi hanno origine nel dipartimenti di Stato americano, diventano per il quotidiano di Miami tentativi di decidere il futuro politico del paese alleato.
 L’Avana considera il Venezuela il vero motore dei cambiamenti progressisti in America latina. Per questa ragione ritiene di importanza strategica preservarne l’azione in una situazione delicata per tutto il subcontinente: il 17 febbraio vi saranno elezioni presidenziali in Ecuador, altro paese importante per la “rivoluzione bolivariana”. Il 10 novembre toccherà  all’Honduras andare al voto e la moglie di Manuel Zelaya, il presidente deposto nel giugno del 2009 da un golpe, si candiderà  contro la destra. Infine, il 17 novembre vi saranno importanti elezioni presidenziali in Cile, dove la socialista Michelle Bachelet potrebbe sconfiggere l’attuale presidente conservatore Sebastià¡n Pià±era, in forte calo di popolarità . Infine, la questione della salute di Chavez è seguita con interesse dalla popolazione cubana. Non solo per un’evidente simpatia nei confronti del leader venezuelano, ma anche per la preoccupazione che una vittoria della destra in Venezuela metterebbe a rischio le forniture di petrolio da quel paese. Con la possibile ricomparsa nell’isola degli odiati apagon , i black out dell’elettricità .

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