Catalogna, prove politiche verso l’indipendenza

by Sergio Segio | 13 Gennaio 2013 9:36

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BARCELLONA. Ma la dichiarazione rischia di essere troppo debole davanti al governo nazionale di Madrid che punta a bocciare il referendum Idue partiti che sono usciti vincitori dalle elezioni catalane dello scorso novembre, Convèrgencia i Unià³, che esprime il president Artur Mas, e il partito che fornisce un appoggio esterno, Esquerra Republicana, muovono i primi passi per preparare la consulta per l’indipendenza. Questa settimana hanno messo a punto un testo che sottometteranno alla prima seduta del Parlament di Barcellona il giorno 23. La dichiarazione proclama «la sovranità  democratica del popolo di Catalogna come soggetto politico e giuridico», «d’accordo con la volontà  espressa democraticamente dal popolo di Catalogna».
Nell’affermare «l’inizio di un processo per rendere effettivo il diritto a decidere come manifestazione del diritto all’autoderminazione dei popoli», il parlamento catalano rende esplicita la volontà  di formare «un nuovo stato europeo», il motto della manifestazione dell’11 settembre scorso, in cui più di un milione di persone scesero in piazza nel giorno della Diada , la festa nazionale catalana, per rivendicare uno stato proprio. I principi a cui si atterranno sono sei: la sovranità  del popolo catalano, la «legittimità  democratica» (perché il processo sarà  «scrupolosamente democratico», in maniera tale da garantire «specialmente la pluralità  di opzioni e il rispetto di ciascuna di esse»), la «trasparenza» e la «partecipazione», il dialogo «con lo stato spagnolo (il governo di Madrid, ndr ), le istituzioni europee e l’insieme della comunità  internazionale», e soprattutto punto più delicato – la «legalità », poiché, dice il testo, «si utilizzeranno le cornici legali esistenti per rendere effettivo il rafforzamento democratico e l’esercizio del diritto a decidere».
Il testo è il risultato di una difficile negoziazione triangolare: da un lato Esquerra, che ha cercato in tutti i modi di alzare il tono della dichiarazione, e dall’altro la coalizione fra Convèrgencia e la democristiana Unià³, il partito più conservatore e che ha smorzato le affermazioni più radicali. La fragilità  del nuovo esecutivo catalano, che dipende dal voto di Esquerra, e la debolezza di Unià³, appena colpita da un caso di corruzione (è la prima volta in Spagna che un partito dichiara in sede giudiziaria di aver intascato illegalmente finanziamenti con denaro europeo), hanno contribuito a che il risultato finale risultasse più rivendicativo di quanto Mas forse non desiderasse. Alcuni giuristi hanno criticato il testo per la sua mancanza di valore legale. Ma non è escluso che questo sia voluto: Madrid non può impugnare un documento senza valore giuridico. Sembra però che il gioco non stia riuscendo come sperava il president .
L’obiettivo era coinvolgere l’80% delle forze parlamentari (escludendo gli anticatalanisti, il partito popolare e Ciutadans) perché, pur senza valore giuridico, la dichiarazione avesse un indubbio peso politico. Ma i socialisti catalani hanno già  detto che non la voteranno mai perché «è una mera formalità  verso l’indipendenza» (contraddicendo l’intenzione dichiarata di volersi astenere in Parlament su questo tema). Riguardo agli altri partiti, anche Iniciativa-Verts, coalizzata con IU in Catalogna, è favorevole al referendum ma contraria all’indipendenza e, come i socialisti catalani (ma al contrario dei socialisti spagnoli), è favorevole a una soluzione federalista. Per ora dice di considerare il testo «escludente» ma non vuole rinunciare alla sua posizione favorevole al diritto a decidere.
Infine la Candidatura d’unità  popolare, il partito fortemente radicato nel mondo dei movimenti, è d’accordo con buona parte del testo ma consulterà  la sua base su come comportarsi. Senza né l’appoggio di Icv, né quello dei socialisti, anche qualora venga approvata dalla maggioranza del Parlment, la dichiarazione rischia di non avere la forza politica sufficiente per poter fare pressione sul governo di Madrid e convincerlo a ritirare il suo prevedibile futuro niet al referendum.

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