Carcere, le associazioni presentano tre proposte di legge di iniziativa popolare
ROMA – Introdurre il reato di tortura nel codice penale, ristabilire la legalità e il rispetto della Costituzione nelle carceri e modificare la legge sulle droghe. Sono questi i temi centrali delle tre proposte di legge di iniziativa popolare presentate questa mattina a Roma da un cartello di associazioni impegnate sul tema quali A buon diritto, Antigone, Arci, Ristretti orizzonti, Volontari in carcere, Cnca, Acat Italia, A Roma insieme, Associazione nazionale giuristi democratici, Bin Italia, Cgil, Conferenza nazionale volontariato giustizia, Forum droghe, Forum per il diritto alla salute in carcere, Società della ragione, Unione camere penali italiane e Gruppo Calamandrana. I tre diversi testi, presentati oggi in Cassazione, riguardano temi cruciali del sistema penitenziario italiano, sottolineano le associazioni, ma rappresentano anche un primo passo per indicare la strada percorribile al futuro governo per risolvere una situazione “fuori controllo” che oggi ospita 22mila detenuti in più rispetto ai posti letto regolamentari. I detenuti al primo gennaio 2013 sono 65.701, contro una capienza regolamentare di 47.040 posti. Numeri che fanno registrare un tasso di affollamento penitenziario più alto di tutta l’Unione europea.
La prima proposta riguarda l’introduzione del reato di tortura nel codice penale. “In Italia manca il crimine di tortura nonostante vi sia un obbligo internazionale in tal senso – spiegano le associazioni -. Il testo prescelto è quello codificato nella Convenzione delle Nazioni unite. La proibizione legale della tortura qualifica un sistema politico come democratico”. Il secondo testo, invece, “vuole intervenire in materia di diritti dei detenuti e di riduzione dell’affollamento penitenziario”. Secondo le diverse associazioni, infatti, su questo tema, nonostante le promesse, non è ancora cambiato nulla. “Il 29 giugno 2010 è stato approvato il piano carceri dall’allora governo Berlusconi – spiegano -, che prevedeva la realizzazione di 9.150 posti per un importo totale di 661 milioni di euro. Oggi i fondi sono calati a 450 milioni ma neanche un mattone è stato posto”. Tuttavia, spiegano le associazioni, “non è con l’edilizia che si risolve la questione carceraria ma intervenendo sui flussi in ingresso e in uscita, ovvero su quelle leggi che producono carcerazione senza produrre sicurezza pubblica”. Per tale ragione la proposta delle associazioni è quella di “rafforzare il concetto di misura cautelare intramuraria come extrema ratio” e intervenire “drasticamente sulle legge Cirielli in materia di recidiva ripristinando la possibilità di accesso ai benefici penitenziari e azzerando tutti gli aumenti di pena”. Il secondo testo prevede anche l’istituzione del garante nazionale dei detenuti, la revisione dei criteri di scelte delle misure cautelari, una conferenza annuale sulla pena e l’abrogazione del reato di ingresso e soggiorno illegale nel territorio dello italiano. Secondo le associazioni, infatti, gli stranieri presenti nelle carceri italiane sono 24.179, “molti – spigano le associazioni – dentro a causa della criminalizzazione secondaria imposta dalla legge Bossi-Fini”. I detenuti che sono in carcere per aver violato la legge sulle droghe, invece, sono il 37 per cento della popolazione detenuta. E proprio di questo tema tratta la terza ed ultima proposta, che chiede di “modificare la legge sulle droghe che tanta carcerazione inutile produce nel nostro Paese. Viene superato il paradigma punitivo della legge Fini-Giovanardi, depenalizzando i consumi, diversificando il destino dei consumatori di droghe leggere da quello di sostanze pesanti, diminuendo le pene, restituendo centralità ai sevizi pubblici per le tossicodipendenze”.
La raccolta delle firme inizierà non appena il testo verrà pubblicato sulla Gazzetta ufficiale, ha spiegato Patrizio Gonnella, presidente dell’associazione Antigone . “Il nostro obiettivo è raccogliere 50mila firme come prevede la legge – ha aggiunto -, ma abbiamo soprattutto un obiettivo politico, cioè quello di non dare alibi al prossimo governo. Anche perché entro l’8 gennaio 2014, l’Italia deve rispondere alla Corte europea dei diritti umani sulla situazione delle carceri”. Una questione, quella tracciata dai tre testi, su cui “misureremo l’impegno civile di quello che sarà il prossimo governo”, ha chiosato Gonnella. Alla raccolta delle firme parteciperanno tutte le organizzazioni promotrici, ma la raccolta, ha aggiunto Gonnella, avverrà anche all’interno degli istituti di pena, coinvolgendo detenuti e operatori che vivono sulla propria pelle il sovraffollamento delle carceri italiane. Per don Armando Zappolini, presidente del Cnca, le tre proposte sono un “primo passo”. Obiettivo strategico, ha concluso, è quello di “mettere alla prova dei fatti questo timidissimo segnale di cambiamento che attraversa il Paese”. (ga)
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