Calo nei sondaggi, ora il Pd teme «l’effetto Mps»

by Sergio Segio | 27 Gennaio 2013 8:23

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ROMA — C’è preoccupazione, e c’è rabbia nel quartier generale di Pier Luigi Bersani. Quanto durerà  la bufera del caso Monte dei Paschi di Siena? «Non lo so», ammette lo stesso segretario. E quali saranno le conseguenze? Simili forse a quelle dell’affaire Unipol del 2005, che sprofondò gli allora Ds in grandi difficoltà ? Su questo il leader del Partito democratico ha la risposta pronta: «So che stavolta non ci riusciranno».
Ma quando le luci dei riflettori si allontanano e Bersani si slaccia il primo bottone della camicia e allenta la cravatta restano solo i fedelissimi e gli amici. E con loro il segretario può essere più esplicito: «Avevo detto che non sarebbe stata una campagna elettorale facile, che non dovevamo già  dare tutto per scontato. Sapevo che avrebbero provato in ogni modo a impedirci di vincere». A dire il vero sembra una magra consolazione avere azzeccato le previsioni. Ma tant’è. Quello che a Bersani non va assolutamente giù è la polemica innescata da Mario Monti. Gli insulti di Grillo erano preventivati, le accuse del centrodestra prevedibili, ma il comportamento del premier… no, quello non se lo aspettavano al Pd.
Con i suoi Bersani ragiona in questi termini: «Quello di Monti è stato un attacco a freddo per metterci in difficoltà  e questo non è da persona seria». E ora gli occhi dei dirigenti del Partito democratico sono tutti puntati ai sondaggi. C’è un primo campanello d’allarme. Lo segnala in un articolo su Europa Paolo Natale, esperto di analisi dei dati statistici e dei sondaggi: c’è «un piccolo ma significativo decremento delle intenzioni di voto nei confronti del Pd. Poca cosa, per ora, diciamo uno/due punti percentuali». Magari non succederà  nulla, spiega Natale, perché non è detto che il calo dei consensi sia direttamente legato alla vicenda Mps. Ma c’è il rischio che l’elettorato colleghi questa storia a quella dell’Unipol del 2005 e allora «potrebbe enfatizzare un rapporto mai molto chiaro, e mai molto chiarito, tra il Pd e il mondo bancario». In questo caso il tesoretto dei consensi del Partito democratico potrebbe essere «eroso in maniera sensibile».
Insomma, nonostante le parole d’ordine ufficiali in casa del Pd i timori non mancano. Non a caso anche Renzi, che ha sempre criticato il rapporto tra Mps e partito, tanto da chiudere a Siena la sua campagna elettorale per le primarie il 24 novembre dello scorso anno, oggi preferisce parlare poco o niente. Non vuole essere additato come un traditore, visto il clima che c’è, con Bersani che richiama il partito alle armi contro chi polemizzerà  ancora con il Pd, e Massimo D’Alema che spiega ai compagni di partito: «Ci sono ambienti di questo Paese che non ci vogliono al governo». Ritornano nella sinistra italiana paure antiche, riferimenti ai poteri forti… e il 2005 sembra improvvisamente più vicino.
Bersani però non vuole dare l’impressione di un partito che gioca in difesa. Dal suo staff ieri minimizzavano gli effetti sul Pd dell’attacco di Monti: «Il premier — era la spiegazione che filtrava dall’entourage degli uomini del segretario — avrà  deciso di andare addosso a noi per prendere voti a Berlusconi. Noi non abbiamo problemi, ma deve stare attento a non esagerare che così facendo rischia di imboccare una strada senza ritorno». Il segnale che parte da Largo del Nazareno all’indirizzo di Monti è chiaro: se su suggerimento di Larry Grisolano (l’uomo che per David Axelrod si occupa della campagna del Professore), il premier continuerà  a bastonare sul Pd, allora non ci potranno essere rapporti di collaborazione nemmeno in futuro.
Dunque, il presidente del Consiglio è avvisato: se vuole avere un rapporto con il Pd all’indomani delle elezioni è bene che non travalichi i limiti. Piuttosto torni a essere la persona seria di un tempo. Ma siccome Bersani è uomo politico troppo accorto per non capire che bisogna mandare anche altri messaggi, questa volta all’opinione pubblica e all’elettorato, il Pd lascia intendere di essere comunque pronto ad avviare un’analisi seria e approfondita sul sistema delle banche italiane e disponibile a un confronto per elaborare nuove regole. È su questo terreno, spiegano a Largo del Nazareno, che Monti può innescare una sfida costruttiva con il Partito democratico, non su quello «delle insinuazioni degne di un Berlusconi».

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