Borse e spread, un giorno di euforia

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MILANO — Piazza Affari s’impenna del 3,81% e lo spread italo-tedesco scende a 283 punti, sotto l’«obiettivo 287» che si era fissato il premier Mario Monti (la metà  dei 574 punti toccati nel novembre 2011, il mese del cambio di governo). Ma i due numeri più eclatanti della giornata di ieri — in un inizio d’anno decisamente frizzante, dopo l’accordo americano sul «fiscal cliff» — non sono forse i più significativi. Tanto sul fronte dei titoli di Stato quanto su quello delle azioni. Sul primo versante, infatti, il rendimento dei Btp decennali — quello che misura il costo che paga l’Italia per finanziarsi sui mercati — è sceso al 4,27%: un livello che non si vedeva da fine 2010, prima della serie di downgrade del debito pubblico nazionale che ha a suo modo «battezzato» la crisi tricolore. Per quanto riguarda l’azionario, la Borsa di Francoforte (+2,19%) ha «sfondato un nuovo soffitto» salendo ai massimi degli ultimi cinque anni. E, soprattutto, è a un soffio (manca un «modesto» 4%) dal record di tutti i tempi. In forte progresso, ma ben più lontane dai record, anche Parigi (+2,55%), Londra (+2,20%) e Madrid (+3,43%). Segno decisamente positivo pure a New York (+2,35% il Dow Jones), dove l’indice Standard & Poor’s 500 è a un passo (mezzo punto percentuale) dai valori di fine 2007.
L’intesa raggiunta fra repubblicani e democratici sul «fiscal cliff» ha evitato il temuto maxiaumento automatico delle tasse, in tandem con un forte taglio alla spesa pubblica. Ma si tratta di un accordo parziale: da risolvere resta soprattutto il problema del debito pubblico, che ha sforato il limite legale dei 16.400 miliardi di dollari e per il quale bisognerà  ora fissare un nuovo tetto (e nuove misure di bilancio) entro febbraio, se gli Stati Uniti non vogliono rischiare il default. Sulla questione si è fatta subito sentire l’agenzia Moody’s: servono nuove misure per ridurre il deficit e, se queste non saranno adottate, il rating potrebbe risentirne negativamente. Frena gli entusiasmi anche il Fondo monetario internazionale: secondo l’organizzazione, l’accordo raggiunto al Congresso per scongiurare il fiscal cliff «non è sufficiente» a garantire la salute a lungo termine dei conti pubblici americani. «Il più resta ancora da fare per riportare le finanze pubbliche Usa su un percorso sostenibile senza con questo danneggiare la ripresa ancora fragile», ha detto il portavoce dell’Fmi Gerry Rice.
Resta comunque il fatto che il 2013 è partito sui mercati con una decisa intonazione ottimistica e con una piccola ma significativa fuga dal bund tedesco, dopo mesi di forti acquisti a scopo difensivo. I «btp berlinesi» hanno visto il proprio rendimento decennale salire all’1,43%: un aumento di 11 punti base che non si vedeva da oltre tre mesi, mentre in asta il titolo a due anni è stato venduto con tassi tornati positivi. E Berlino ha trascinato con se altri «porti sicuri» d’Europa, dal debito finlandese a quello olandese. Mentre gli acquisti si sono riversati soprattutto sugli alti rendimenti della «periferia» europea, con i tassi spagnoli, greci e portoghesi tutti in forte discesa. Come è successo a Btp e spread in Italia, dove lo stesso Monti che ha salutato il calo con un «finalmente» su Twitter.
In Germania, se il mercato azionario è a un passo dal record, un altro indicatore — delicatissimo per i tedeschi — ha acceso una sua piccola spia rossa: l’inflazione è salita in dicembre dello 0,9% mensile e del 2,1% rispetto a un anno prima, secondo le stime preliminari dell’ufficio di statistica nazionale. Le attese degli investitori erano per un +0,7% congiunturale e un +1,9% annuo. Ma, almeno per ora, il mercato più grande d’Europa non ci ha fatto caso.


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