Biasco e il capitalismo da ripensare «La sinistra? Rincorre il liberalismo»

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Quando lo scenario è questo — come oggi — e quando per di più sembriamo tutti, in Europa, avere le mani legate dalla peggior crisi post ’29 — come oggi, ieri, l’altro ieri — capita che a un economista «di sinistra» venga naturale chiedere alla sinistra: ma voi, che ricetta avete? Quale cultura, quali progetti, quale alternativa al neoliberismo responsabile (nell’analisi in questione) di aver «irrimediabilmente reso più lontano il mito illuminista degli uguali»?
Lo fa Salvatore Biasco. Figura complessa, difficile da incasellare. Si è formato a Cambridge. È professore di Economia internazionale alla Sapienza. Ma è stato anche, tra il 1996 e il 2001, deputato del Pds. Di qui quell’etichetta — generica — «di sinistra». In realtà , sono feroci le sue critiche al neoliberismo. Ma non lo sono meno, per molti aspetti, quelle ai «nipotini» dei grandi partiti popolari del Novecento, il Pci e la Dc (entrambi nella versione confluita nel Pd), o comunque a quanti «si dicono» eredi del miglior riformismo-progressismo-socialismo all’europea.
Biasco ne aveva già  dato un assaggio nel precedente libro: Per una sinistra pensante. Ora prosegue quel lavoro con Ripensando il capitalismo. Che, tanto per aggiungere un altro tocco di leggera eresia (lui direbbe forse «solo libero pensiero»), fa a pezzi un certo capitalismo, teorizza più Stato nell’economia, ma è pubblicato senza problemi dalla Luiss.
Avere per editore l’Università  di Confindustria non gli impedisce, in quella che è un’analisi delle sinistre europee, di dipingere per esempio così il lavoro nell’era della globalizzazione: «Precarizzato, parcellizzato, implicitamente ricattato», ha ormai perso «il ruolo politico di catalizzatore». Peggio: «A dissolversi è la stessa cultura della società  del lavoro».
Ne derivano, sul neocapitalismo liberista, conclusioni come questa: «Indebolita negli antidoti culturali e politici, la società  occidentale è diventata in definitiva più oligarchica ed elitaria di quanto fosse mai stata». E la sinistra (non quella antagonista, chiaro) che ha fatto? Le sciabolate arrivano qui. In Europa, «è certamente stata lontana da quell’opera di controcultura che avrebbe dovuto consentirle di mettere in campo altrettanta forza politica e culturale della destra». In Italia, si è limitata — per dirne una — alla «rincorsa al liberalismo economico». Per ritrovarsi poi, dentro la Grande crisi, «spiazzata al punto da far apparire la nuova destra più credibile». Sì, oggi aspira a guidare il Paese, e ne ha le chance. E tuttavia: «Il Pd non può accontentarsi di essere solo il partito del buon senso pragmatico e delle buone intenzioni». Serve una visione, conclude Biasco. E invece «nel merito il progetto per il Paese resta molto sfumato». Basta, al dibattito?


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