Benvenuti nel Kansas il paradiso fiscale Usa
NEW YORK. Sta esattamente al centro degli Stati Uniti, più Midwest di così si muore: lontano da tutto e da tutti, remoto rispetto alle grandi metropoli delle due coste. E’ semi-desertico con i suoi 2,8 milioni di abitanti sparpagliati su 213.000 km quadrati. Il Kansas non sembra il candidato ideale per fomentare una rivoluzione. Né gli si addice la definizione di “off-shore”: la costa più vicina dista tre ore di volo. Eppure questo Stato-pirata sta scuotendo l’America: potrebbe diventare un paradiso fiscale nel cuore degli Usa, e al tempo stesso rilanciare la rivolta anti-tasse cara alla destra neoliberista. Vincendo il naturale disinteresse per quel che accade nell’America profonda, i grandi media dal New York Times al Wall Street Journal hanno spedito inviati speciali a Topeka, capitale del Kansas. Perché nel giorno in cui Barack Obama a Washington lanciava davanti a una folla di 600.000 persone un’ambiziosa agenda progressista per il terzo millennio, a Topeka la storia procedeva in senso inverso.
Nello stesso Inauguration Day, il governatore del Kansas Sam Browback completava gli ultimi dettagli di un budget «rivoluzionario ». Obiettivo: zero tasse sul reddito dei residenti. Un tassello della contro-agenda conservatrice, che Browback illustra così: «Dimostreremo nei fatti che uno Stato si può gestire come un’impresa privata, schiacciando i costi ai minimi, e offrendo ciononostante un prodotto di ottima qualità , competitivo. Quello che il settore privato riesce a fare da 50 anni, dobbiamo farlo anche noi». In una secessione aperta contro l’Amministrazione Obama e la sua riforma sanitaria, il Kansas ha privatizzato perfino il Medicare, cioè quell’assistenza medica agli anziani over-65 che in tutti gli Stati Uniti è pubblica.
Topeka licenzia insegnanti, taglia sussidi di disoccupazione, distrugge quel poco di Welfare che aveva. E dagli Stati vicini il Kansas comincia ad essere osservato come un “laboratorio”. Gli Stati governati dalla destra, s’intende. A Topeka infatti i repubblicani hanno in mano tutte le leve del potere, oltre al governatore Browback è repubblicana anche la maggioranza dell’assemblea legislativa locale. Ma questo vale in altri 23 Stati Usa, dove la destra ha governatori e maggioranze parlamentari, quindi un potere pressoché illimitato. Già il Nebraska, il Missouri e l’Oklahoma stanno indicando di voler seguire l’esempio del «paradiso fiscale» di Topeka. Il Nebraska si candida così a occupare un ruolo ingombrante: quello che ebbe la California nel 1978, poco dopo il governatorato di Ronald Reagan, all’epoca in cui il Golden State della West Coast fu la culla di un vasto movimento anti-tasse culminato nel referendum Proposition 13 che mise un tetto costituzionale ai prelievi sui patrimoni.
Cioè l’atto di nascita del moderno movimento neo-conservatore. Un movimento rinato nel 2010 contro la riforma sanitaria di Obama, con il Tea Party. Un fermento anti-statalista che non vuol darsi per defunto neanche oggi, agli albori del secondo mandato presidenziale di Obama.
La questione fiscale è sempre stata centrale nell’ideologia liberista. «Affamare la Bestia», cioè uccidere il Welfare State privandolo delle risorse fiscali, resta uno degli slogan imperituri di questo movimento. Se Obama ha vinto la sua battaglia a Washington per alzare le tasse sui ricchi, costringendo i repubblicani a un’umiliante concessione proprio nelle prime ore del 2013, a livello locale la situazione è diversa. Negli Stati Uniti l’Income Tax, l’equivalente dell’Irpef italiana, ha due livelli. C’è l’imposta federale, che per i redditi più elevati è stata appena rialzata al 39,6%. Poi c’è l’imposta dello Stato in cui si è residenti: in molti casi è una sovrattassa sostanziale, in California arriva al 10,3%, a New York raggiunge il 12,7%. La concorrenza tra Stati è una realtà che esiste da sempre, con Nevada e Delaware che cercano di attirare investimenti offrendo esenzioni alle imprese. Alaska e Texas sono tra i precursori della politica «zero imposte» sui redditi delle persone fisiche, però si rifanno altrimenti: con le tasse societarie, che rimpinguano le casse grazie ai colossi petroliferi che hanno sede in quegli Stati. La Florida non tassa le persone ma si rifà ampiamente sull’industria turistica. Il Kansas è impegnato in un esperimento più radicale: oltre a puntare su «zero Irpef» vuole annullare anche i prelievi sui profitti delle imprese. «Attireremo qui 23.000 nuovi posti di lavoro dagli Stati vicini», promette il governatore Brownback. I democratici hanno una versione diversa: il paradiso del Kansas sarà tale per i ricchi, beneficiati con un regalo fiscale di 21.000 dollari a testa, in media. Il 20% dei cittadini più poveri perderanno quasi ogni assistenza, e dovranno spendere l’1,3% del loro reddito in più per provvedere ai bisogni essenziali.
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