Bagnasco: «La fede è impegno Dalla Chiesa nessuna ingerenza»

by Sergio Segio | 23 Gennaio 2013 7:36

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«Il parlare della Chiesa non è mai “ingerenza”, ma è uno stare “dentro” il vissuto, offrire l’esercizio collegiale del discernimento. La Chiesa è sempre un popolo, e la lettura della storia che ne fanno i vescovi risente di questa impronta popolare che nel nostro Paese, nonostante il secolarismo, si conserva e si consolida anche oggi».
Così scrive il cardinale Angelo Bagnasco, nella prefazione inedita al volume (La porta stretta, Cantagalli) che raccoglie le prolusioni pronunciate nei suoi primi cinque anni alla guida dei vescovi italiani. E fa una certa impressione rileggere l’esordio del marzo 2007 — «quando il Papa chiama, si risponde, anche se il carico che viene affidato appare, ad uno sguardo umano, sproporzionato rispetto alle personali risorse» —, quando l’arcivescovo di Genova si presentò non tanto con un programma di governo quanto, piuttosto, con uno stile. Erano tempi in cui il nuovo presidente della Cei pareva doversi districare non solo tra due forti personalità  come il predecessore Ruini e il segretario di Stato Bertone (anche lui ex arcivescovo di Genova), ma anche tra un governo di centrosinistra impegnato in una difficile mediazione al suo interno sulle unioni civili e un’opposizione di centrodestra su cui una parte delle gerarchie aveva puntato forse persino troppo.
In questi anni Bagnasco, muovendosi sempre in sintonia con il Papa, ha saputo riequilibrare gli orientamenti dei vescovi italiani, tenendo ferma la barra sui valori ma senza concedere deleghe a nessun partito. Questo gli consente ora di difendere la Chiesa italiana dalle accuse di ingerenza nella politica: «Se la Chiesa parla e rivendica il proprio diritto a farlo, dovrebbe essere ormai chiaro a tutti che non è per desiderio di ingerenza, ma solo per difendere la causa della verità  e dell’uomo del nostro tempo». Perché «la Chiesa interpreta il tempo presente contestando i miti dominanti che portano non alla felicità , ma a deserti tristi e disumani».
Le idee di fondo che hanno guidato l’azione di Bagnasco, e rappresentano il filo che tiene insieme il libro, sono due. La fede vista non come fatto strettamente personale e intimista, ma come impegno che attraversa tutta la vita quotidiana, compresa l’azione politica. Qui però l’intervento della Chiesa, dei vescovi e del loro presidente è incentrato sul piano sociale e valoriale, più che sui partiti e sul governo. Una scelta dettata sia dall’esigenza di innalzare la Chiesa al di sopra della contesa politica, sia dalle condizioni drammatiche vissute dal Paese. Bagnasco si è trovato a guidare i vescovi italiani negli anni della grande crisi, cui ha cercato di dare una risposta sia sul piano operativo, con opere di solidarietà  rivolte in particolare alle figure della nuova povertà  come le madri sole e i padri separati, sia sul piano morale, richiamando l’attenzione sulle profonde radici culturali del Paese e sulle sue grandi potenzialità  di coesione e di ripresa.
L’errore più grave sarebbe stata «una riflessione astratta e solitaria», mentre all’Italia serve semmai «la voce di una Chiesa che ascolta; che è capace di vedere, incontrare, parlare; che sta con la gente e tra la gente, cercando di capire e farsi capire». E il Vangelo va annunciato «nella sua intera verità , comprese le sue implicazioni sul piano antropologico, etico e sociale. E sempre nel “noi” della Chiesa. Diversamente la fede è destinata a restare un fatto puramente emotivo, sentimentale, in fondo irrilevante per la vita concreta».

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