Articolo 18 alla francese

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I contratti precari costeranno di più, ma per le imprese i licenziamenti saranno più facili PARIGI Franà§ois Hollande avrebbe voluto un «accordo storico» sul lavoro. La storia dirà  se l’intesa raggiunta tra padronato e alcuni sindacati, venerdì sera, dopo tre mesi di trattative, rappresenta davvero una «svolta» nella cultura francese, più consona allo scontro che al compromesso di stile social-democratico.
Di «storico», difatti, c’è piuttosto il metodo che il contenuto. Medef (la Confindustria francese) e Cfdt, che assieme a due sindacati minoritari (Cgc e Cftc) è la sola centrale sindacale che firmerà  l’accordo, respinto dal principale sindacato francese, la Cgt, e da Fo, hanno raggiunto un’intesa minima, che legalizza, inquadrandola, la flessibilità  del lavoro, dando in cambio una parziale «securizzazione» dei percorsi professionali. Il contesto è difficile per il lavoro, con una disoccupazione che ormai supera i 3 milioni e un precariato che esplode da anni. Il padronato voleva avere le mani più libere per licenziare, affermando di non assumere perché era troppo difficile liberarsi del dipendente in caso di difficoltà . I sindacati chiedevano maggiore sicurezza per i lavoratori, dei diritti legati all’individuo-lavoratore più che al posto di lavoro.
L’accordo Medef-Cfdt integra la flessibilità  nella legge, con la speranza, per i sindacati che lo hanno accettato, di ridurre gli abusi. I contratti brevi, a tempo determinato, saranno «tassati», cioè il padrone pagherà  di più se assume per meno di un mese (+7% di contributi), o tra uno e tre mesi (%5,5%). Questa misura riguarda tra gli 8 e i 9 milioni di contratti in Francia, dove il precariato è esploso (in dieci anni i contratti di meno di un mese sono aumentati dell’88%). I lavoratori ottengono una migliore cassa malattia per tutti e il diritto «ricaricabile» per la disoccupazione (non si perdono i diritti accumulati nel passato). Ci sarà  anche un «conto personale di formazione» durante tutta la vita, anche qui per non perdere i diritti alla formazione in caso di cambiamento di posto di lavoro. I lavoratori delle grandi imprese (più di 10 mila dipendenti, 5 mila in Francia), infine, avranno dei rappresentanti con diritto di voto nei consigli di amministrazione. Nelle imprese più piccole sarà  inquadrata e migliorata l’informazione. Le contropartite date al padronato, che non voleva sentir parlare di penalità  per l’abuso di contratti precari, sono pesanti. Alle imprese viene data maggiore facilità  di licenziare, con una «sicurezza giuridica» che limiterà  le possibilità  di far ricorso ai tribunali per licenziamenti abusivi. Ci sarà  più mobilità  interna, anch’essa inquadrata per evitare eccessi (ma chi rifiuta potrà  venire licenziato per giusta causa). Con accordi di «competitività impiego» le imprese potranno aumentare il tempo di lavoro o diminuire i salari in caso di difficoltà  (per la durata massima di due anni), per adattarsi alla congiuntura evitando il più possibile i licenziamenti. Per compensare la «tassa» sui contratti precari, il padronato ottiene sgravi di contributi per le assunzioni di giovani di meno di 26 anni.
Per Laurent Berger, nuovo leader della Cfdt, l’accordo è «ambizioso».
Parere contrario della Cgt, che sta attraversando un periodo di crisi interna per la lotta di successione a Bernard Thibault: l’accordo «è inaccettabile» perché «accresce la flessibilità , la precarietà  e le libertà  di licenziare del padrone». Per Fo, «è un giorno triste per i lavoratori, pochi diritti in cambio di molta flessibilità ». Per il ministro del lavoro, Michel Sapin, che incassa una vittoria sul metodo della trattativa tra le parti sociali dopo aver minacciato una legge se non ci fosse stata intesa tra le parti, «l’accordo dà  delle risposte alla questione della precarietà  del lavoro e degli elementi estremamente importanti per l’adattamento delle imprese» al mondo economico contemporaneo. Il governo presenterà  a marzo un progetto di legge che conterrà  i termini dell’accordo. Hollande esce vittorioso, perché ha imposto il suo modello di concertazione sociale e può far valere, a sinistra, che la contestata concessione di 20 miliardi di euro alle imprese per il piano «competitività » è servita a sbloccare la situazione e far firmare il Medef. Cgt e Fo, contrarie, non hanno per ora annunciato manifestazioni e scioperi.


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