Amos Oz contro Netanyahu: «Distruggerà  Israele»

by Sergio Segio | 12 Gennaio 2013 7:40

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Profeta spirituale della sinistra israeliana — i critici lo paragonano con sarcasmo al rabbino Ovadia Yosef, leader dell’ultraortodosso Shas — Oz porta la campagna elettorale nei salotti di Tel Aviv dove (durante una serata raccontata dal quotidiano liberal Haaretz) intrattiene gli indecisi, quelli che non vogliono scegliere i partiti di centro ma neppure regalare un voto a perdere.
Perché il romanziere spinge ancora per Meretz, malgrado il crollo del febbraio 2009: tre deputati e un imbarazzante ballo della sedia per decidere chi dovesse entrare in parlamento, un giro di danza che aveva cancellato l’inebriata conga della fondatrice Shulamit Aloni, quando vent’anni fa la formazione aveva vinto dodici seggi all’esordio.
Meretz — ha spiegato Oz ai trenta accademici e intellettuali invitati a casa di amici — sarebbe l’unico partito a cogliere fino in fondo la questione esistenziale: «Ci saremo ancora e come saremo?». La strategia scelta da Netanyahu è la «più antisionista che questo Paese abbia mai subito», ha commentato secondo la ricostruzione di Haaretz: «Il suo governo sta facendo di tutto perché in questa regione non ci siano due Stati ma uno. Abbatte Abu Mazen un colpo dopo l’altro e rafforza Hamas un favore dopo l’altro. Bibi crede che gli ebrei possano comandare su di una maggioranza araba per molti anni. Nessuna nazione basata sull’apartheid ha resistito, sono tutte collassate. Se non nascerà  lo Stato palestinese, qui non ci sarà  uno Stato per due popoli, solo uno Stato arabo».
I sondaggi dei quotidiani Maariv e Yedioth Ahronoth concedono a Meretz tra i cinque e i sei seggi. Gli elettori indecisi sono ancora tanti, almeno il 25 per cento e in questi ultimi giorni sono corteggiati soprattutto dai tre partiti che affollano il centro (virato a sinistra) e che vorrebbero (per ora senza riuscirci) creare un blocco alternativo alla destra di Netanyahu. La laburista Shelly Yachimovich, Yair Lapid (da presentatore televisivo segue le orme del padre Tommy) e Tzipi Livni (tornata in politica con Hatnua, il Movimento) non sono riusciti a mettersi d’accordo.
Ognuno sospetta l’altro/a di prepararsi a entrare nella coalizione del vincitore quasi sicuro Netanyahu. È quel che teme anche Amos Oz. «Chi vi assicura che Tzipi non diventerà  il ministro per gli Affari Sociali del prossimo Bibi? O Yair il ministro dell’Educazione? E che cosa possono modificare dall’interno? Lapid combatte perché gli studenti delle scuole rabbiniche prestino il servizio militare. Sono d’accordo, però non si rende conto che se andiamo avanti così non ci sarà  più l’esercito dove arruolarli».
Quattro anni fa a Meretz non era bastata la campagna Internet in stile Barack Obama, importata dagli Stati Uniti. Due strateghi dell’allora neopresidente, David Fenton e Tom Mazzei, erano venuti a spiegare come far fruttare il meccanismo dei blog e dei network sociali come Facebook. Quattro anni fa non era bastato il sostegno pubblico di Amos Oz, David Grossman e Abraham Yehoshua, il sacro trio della letteratura israeliana.
Oz non cede davanti ai numeri del passato e a quelli futuri calcolati dai sondaggi: «Almeno noi saremo capaci di fare opposizione. Negli ultimi quindici anni i laburisti hanno strisciato sotto ai primi ministri del Likud. Hanno strisciato quando li guidava Shimon Peres, hanno strisciato quando il capo era Amir Peretz. Sono riusciti a rallentare le costruzioni negli insediamenti? Hanno fermato la catastrofe dell’abolizione di uno Stato per gli ebrei? No, essere al governo non ha portato nulla di buono».
Il romanziere, nato a Gerusalemme nel 1939, non ha fiducia neppure in Shelly Yachimovich, l’ex giornalista televisiva che dirige il labour da un paio d’anni: «Non capisce il pericolo che stiamo correndo. Ehud Barak ripeteva “non c’è soluzione”, Shelly pensa “non c’è il problema”».
Davide Frattini

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