Alfano: una decisione necessaria Però non saremo mai giustizialisti
ROMA — Aveva legato la sua elezione a segretario del Pdl al tema del «partito degli onesti», e si era speso nelle ultime settimane sulla questione delle «liste pulite». Ma c’è un motivo se Angelino Alfano evita di parlare di un successo politico personale. Il fatto è, spiega il segretario del Pdl, che «fare le liste è sempre mettersi alla prova»: «Ogni scelta, come insegna la teologia morale, implica una negazione. Un sì presuppone a sua volta una bocciatura». E per Alfano «non c’è dubbio che il momento più drammatico» sia stata «la scelta di non candidare Nicola Cosentino»: «Perché da questa decisione potrebbero discendere, se non prevalesse il buon senso della magistratura napoletana, conseguenze sulla libertà personale di un dirigente che abbiamo difeso in Parlamento». Nel giorno in cui si aprirà la nuova legislatura, per Cosentino si aprirebbero infatti le porte del carcere.
Perciò è inevitabile iniziare dalla fine, dall’incredibile vicenda che ieri ha legato la mancata candidatura dell’ex sottosegretario, al rischio per il Pdl di non riuscire a presentare le liste elettorali in Campania. Un «giallo» che all’esterno è parso un vero e proprio ricatto, sebbene Alfano lo smentisca: «A noi non è arrivato nessun ricatto. Poi, certo, sono comprensibili delle reazioni umane di fronte a drammatiche ripercussioni derivanti da scelte politiche… Insomma, non è stato facile. C’è stata una forte macerazione anche da parte di Silvio Berlusconi, perché si affrontava indirettamente la questione della libertà personale di un collega che avevamo difeso in Parlamento, considerandolo innocente. Ma la decisione era fondata sull’inopportunità , da noi considerata grave, di una sua ricandidatura». Il confine tra la volontà di rinnovare e l’abdicazione a una visione giustizialista è parso nel Pdl assai sfumato. Perciò, per sconfessare questa tesi, Alfano sottolinea come si sia trattato solo di «inopportunità politica, senza che questo significhi l’abbandono del principio di non colpevolezza. Noi non intendiamo abbandonare il nostro ideale garantista, continuiamo a considerare i giustizialisti i nemici della giustizia. Ma un partito politico deve avere la capacità e la forza di scegliere, anche quando le scelte sono dolorose e drammatiche. In questo, come in altri casi, il Pdl e Berlusconi hanno dimostrato di avere le idee chiare e il coraggio di realizzarle». E magari di subirne il contraccolpo, cioè le ritorsioni politiche di chi — come Cosentino — si è sentito «tradito e abbandonato»: «Non mi attendo ritorsioni», replica secco Alfano.
Il pensiero corre ad altri dirigenti che sono stati decapitati nella selezione delle liste, fino a personalità come Scajola e Dell’Utri. «Molti, compreso il senatore Dell’Utri, hanno rinunciato in anticipo. E a loro siamo particolarmente grati, perché hanno anteposto il bene del movimento alla legittima difesa della loro storia». Ed è evidente la ragione per cui Alfano voglia smentire i contrasti di queste settimane con il coordinatore Denis Verdini («e non è una smentita di rito»), così come sono evidenti le motivazioni che lo inducano a respingere la tesi secondo cui il Cavaliere ha ceduto a questa linea: «Berlusconi non ha ceduto. Berlusconi ha promosso questo processo. Lui è sintonizzato da tempo sulla sensibilità dell’opinione pubblica, che chiede maggiore attenzione a chi è preposto alla formazione della squadra».
Se così stanno le cose, non si capisce come mai l’idea del «partito degli onesti» abbia avuto difficoltà a farsi largo finora nel Pdl. «Ma era questo il momento giusto per le scelte», replica Alfano: «L’atto della presentazione delle candidature. E noi abbiamo applicato il buon senso di una forza garantista, che non cede al giacobinismo». Sarà , ma dal fronte avverso avvisano che di «impresentabili» il Pdl è ancora zeppo, e che «il più impresentabile di tutti» è proprio Berlusconi: «Nessuno di noi si aspettava i complimenti della sinistra. Noi ci rivolgiamo agli elettori, che ci giudicheranno. Semmai immagino il disappunto di quanti avrebbero voluto speculare su qualche nostra candidatura, e che — senza pretesti e argomenti validi — saranno costretti a parlare di economia. Penso per esempio al Pd, alla loro idea compulsiva di aumentare le tasse».
Per una volta Alfano legge i siti dei media internazionali che parlano di Berlusconi e delle liste del Pdl, e se ne rallegra: «Non è una cattiva notizia essere una notizia oggi, anzi… E penso che se vi fosse stata da parte della stampa estera una maggiore serenità di giudizio nei nostri confronti, si sarebbe potuto rappresentare la realtà italiana in maniera adeguata. Di qui in avanti potremo far correre velocemente sulle gambe dei nostri candidati i progetti che confidiamo di realizzare vincendo le elezioni». Sorge così un dubbio, e cioè che il Pdl e Berlusconi abbiano fatto questa scelta delle candidature solo per avere qualche riscontro nei sondaggi e poi nelle urne. «Lo scopo non è elettorale, c’è invece l’idea che il nostro partito debba essere rappresentato al meglio nelle istituzioni». È un partito, il Pdl, che ha cambiato profilo con la selezione delle liste. Dopo l’abbandono di La Russa e della Meloni, le scelte dei candidati rivelano un processo di ridimensionamento dell’area ex an. «Noi abbiamo superato quella fase iniziale», risponde Alfano: «Noi oggi siamo il Pdl e abbiamo candidati che prima militavano in Alleanza nazionale. Si tratta di dirigenti di primo piano che occupano anche posti di testa nelle liste». Il segretario riconosce che le candidature hanno provocato in molti casi un putiferio sul territorio, «ma è fisiologico che accada. Lavoreremo per recuperare la serenità , perché l’entusiasmo non l’abbiamo mai perso». Poi, per un’ultima volta, si volge indietro, alla fase più difficile degli ultimi giorni: «È sempre terribile operare delle scelte quando di mezzo ci sono colleghi e amici. Ma è andata così». Vedremo se è finita qui. Oggi parla Cosentino…
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