Adesso in Lombardia l’ex ministro è avanti di due punti e mezzo

by Sergio Segio | 8 Gennaio 2013 7:35

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L’incognita è Gabriele Albertini: l’ex sindaco di Milano tenta la corsa in solitaria anche se ha ricevuto il sostegno dell’area montiana, ma il suo peso elettorale è ancora da valutare e attualmente si assesta intorno al 12,5 per cento. Ultima, in base ai dati, Silvana Carcano, che porta il 10,5% al Movimento 5 Stelle.
«Una lotta che si preannuncia durissima — commenta Renato Mannheimer (Ispo) —. Di solito il centrodestra diviso perdeva a favore del centrosinistra ma stavolta molto dipenderà  dal successo di Albertini. La delusione della base leghista nei confronti dell’accordo con il Cavaliere porterà  qualche defezione, ma la maggioranza del Carroccio obbedirà  al partito». Dal punto di vista delle percentuali, la scelta di Maroni è apparsa «obbligata» a Roberto Weber (Swg): «Se voleva competere davvero, il patto con il Pdl era l’unica vera chance per ottenere una certa massa critica, la sola scelta ragionevole ragionando sui numeri. L’obiettivo primario della Lega è la Lombardia: bisogna concorre per vincere. Adesso, anche se il clima non è dei più favorevoli al centrodestra, il bacino potenziale dell’asse Maroni-Berlusconi è davvero ampio. Partono da una situazione che sulla carta è schiacciante — il trend nazionale è nettamente favorevole al Pd — ma in Lombardia i democratici non sono mai stati competitivi e questo è un dato fisiologico: storicamente Formigoni ha sempre superato il 50% mentre il centrosinistra, nella regione più ricca d’Italia, è rimasto residuale». Anche Weber concorda sulla trascurabilità  dei maldipancia leghisti: «Se li terranno, perché vorranno vincere: i militanti non hanno dimenticato la ragion d’essere del Carroccio, la predominanza del Nord. Le loro istanze federaliste sono state tenute in sordina, silenziate nel corso di questo lungo anno dalla crisi e dal fallimento del governo Berlusconi, ma ora i lumbard le risveglieranno. Per Albertini, invece, la stima è più difficile perché è problematico valutare il peso dei centristi: il punto più alto raggiunto in condizioni di voto bipolare risale al ’94, quando presero un 15-16% mai più ottenuto. A livello nazionale sarà  un mezzo miracolo se Monti riuscirà  a portarli lì, con ricadute locali».
Da ieri, comunque, per il Pd la Lombardia è ufficialmente una grana. La centralità  della Regione, Porcellum alla mano, è impossibile da trascurare per la raccolta di senatori: Bersani otterrà  un’ampia maggioranza a Palazzo Madama se vincerà  in tutte le Regioni, ma se dovesse perdere in Lombardia, Sicilia e Veneto potrà  contare su 157 seggi contro una maggioranza assoluta di 158, mentre se vincesse ovunque ma non in Lombardia incasserebbe una maggioranza a rischio di 7 senatori (165 seggi).

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