Voglio un leader che ascolti

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VOTO Bersani perché siamo chiamati a scegliere un candidato presidente del Consiglio per il centrosinistra, non il nostro leader ideale. A rendere Bersani, secondo me, il più adatto fra i primi ministri verosimili (in alternativa considero solo Monti e Renzi, perché a destra non s’intravede nessuno) sono due caratteristiche della sua fisionomia che negli altri non ritrovo altrettanto: la capacità  d’ascolto e la sensibilità  sociale.
Il malcapitato che guiderà  il governo italiano nei prossimi anni dovrà  fronteggiare una crisi talmente dura che, probabilmente, a lui e alla politica sarà  affidato innanzitutto il compito di lottare contro la povertà . Per questo sarà  preziosa a Bersani quella predisposizione all’ascolto del disagio sociale che non è invece fra le prime virtù del professor Monti, abituato piuttosto ad impartire lezioni. In fondo Bersani l’ha dimostrata anche accettando la sfida delle primarie che avrebbe potuto eludere, e invece ha voluto raddoppiare con il secondo turno che non rientrava fra gli auspici del suo rivale Renzi. La seconda caratteristica che riconosco a Bersani deriva da
un patrimonio culturale in buona misura disatteso dalla sinistra negli anni passati: rimettere al primo posto della sua agenda i temi della giustizia sociale per cimentarsi, nella penuria, in un serio tentativo di redistribuzione della ricchezza nazionale. A questo fine considero un vincolo positivo l’alleanza stipulata con l’ala sinistra impersonata da Vendola (ma anche da Pisapia, Doria, Zedda) che altri invece giudicano pericolosa. Essa rende più netta questa necessaria attitudine e collocazione programmatica: l’equità  come primo obiettivo del futuro governo. Nella convinzione che per tirare l’Italia fuori dalla crisi occorra non tanto strizzare l’occhio agli investitori esteri e alla tecnocrazia finanziaria, ma piuttosto farsi rispettare come governo che tutela gli interessi dei ceti popolari.
L’esperienza del passato non è rassicurante: il caso Penati e altre vicende di relazione opaca fra interessi politici e potentati economici ci ricorda come, per ansia di legittimazione, troppo spesso la sinistra di governo ha manifestato quanto meno indulgenza di fronte ai vizi dell’establishment. Anche se non ama parlarne, confido che Bersani farà  tesoro di questa esperienza negativa. Ne ha tutti gli strumenti.
A Renzi riconosco non solo il coraggio della sfida all’apparato ma anche il merito di avere infranto il perimetro chiuso del centrosinistra. Se tanti elettori delusi dal fallimento della destra guardano a lui con interesse, perché mai dovrebbe dispiacerci? Benvenuti fra noi,
con le loro sensibilità  diverse. Finalmente una sfida politica che rompe gli steccati e supera le contrapposizioni ideologiche. Mi auguro che i delusi dalla destra tornino a votare al ballottaggio e che anzi sia accolta senza restrizioni la vasta richiesta di partecipazione dei ritardatari emersa grazie al successo del primo turno di domenica scorsa.
Ma la leadership innovativa di Renzi non mi garantisce altrettanto di Bersani in termini di capacità  d’ascolto e di impegno per la giustizia sociale. Paradossalmente il suo “nuovismo” finisce per manifestarsi come un’ideologia. Immagino che se vincesse le primarie (è improbabile ma non è impossibile) godrebbe di un effetto valanga sicché per lui la strada verso Palazzo Chigi sarebbe in discesa. Perché allora non me lo auguro? Perché temo darebbe vita a un governo destinato a subire il conflitto sociale, mettendo nello stesso calderone “il vecchio” e “i poveracci”. Renzi è destinato a diventare un protagonista della vita nazionale, non solo per talento comunicativo: ha dimostrato abilità  tattica, buon tempismo, lucidità  nell’occupare gli spazi lasciati aperti da una politica paralizzata. Sa muoversi da professionista e chi lo demonizza finisce per favorirlo. Credo però che la scelta di cittadinanza attiva cui sono stati finalmente richiamati gli italiani contempli il riconoscersi anche in principi, in valori, in una storia e in una cultura democratica di cui Bersani è interprete più autorevole.
Rimettiamo la politica a capotavola, come deve essere in democrazia. Solo così anche i tecnici potranno tornare all’esercizio della loro funzione di garanzia e di supporto. Quanto a Renzi, dovrà  pur riconoscere che se il suo ruolo emerge felicemente in questa fase di rinnovamento del centrosinistra, non è solo merito suo ma anche di Bersani.


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