by Sergio Segio | 20 Dicembre 2012 7:34
ROMA — Uno: il vicepresidente del Csm, Michele Vietti, ha invitato i partiti a non candidare i magistrati anche se (vedi caso Ingroia) la concessione dell’aspettativa per motivi elettorali è un atto dovuto. Due: il vertice della Rai ha ordinato ai direttori di rete e di testata (convocati per oggi dal dg Luigi Gubitosi) di escludere la presenza di ospiti politici nei giorni delle festività natalizie — 24, 25, 26 dicembre e 1 e 6 gennaio — e di rispettare un sostanziale equilibrio tra i partiti prima che scatti la par condicio (forse già dal 10 gennaio). Tre: dopo il sì della Camera, il Consiglio dei ministri varerà a breve il testo del decreto legislativo sull’incandidabilità dei condannati in via definitiva a pene oltre i due anni.
Ora che la data delle elezioni — il 24 febbraio — è una quasi certezza, i partiti devono fare i conti con gli inviti all’autoregolamentazione, con i paletti del servizio pubblico e con le nuove cause ostative per le candidature che sono ormai legge. Il primo fronte lo ha aperto Vietti al termine di un sofferto plenum del Csm che ha dato il via libera (da sabato 22) all’aspettativa elettorale dell’ex procuratore aggiunto di Palermo, Antonio Ingroia, che per domani e sabato ha in calendario due importanti appuntamenti per il varo della «lista Ingroia». Ha detto dunque Vietti: «Tutti si lamentano della discesa in campo politico dei magistrati, il rimedio mi sembra semplice. I partiti non li candidino e li lascino fare il loro mestiere». Altro non si può fare. Lo ha ribadito anche il primo presidente della Cassazione, Ernesto Lupo, che ha chiesto in plenum una modifica alla delibera che ratifica la richiesta di Ingroia: «Che almeno si scriva “questa delibera è imposta per legge”…». Modifica accolta. Ma i laici Zanon e Albertone hanno accusato il pm Ingroia di avere iniziato la campagna elettorale da tempo, con la toga sulle spalle, e non hanno votato. Mentre Vietti, il togato Fuzio e il laico Palumbo si sono astenuti. Il Csm, poi, si è spaccato (9 sì, 7 no, 9 astenuti) quando ha approvato un’altra delibera che mira a non lasciare traccia nel fascicolo personale di Ingroia di un suo intervento al congresso del Pdci. Il laico Bartolomeo Romano ha osservato, non senza ironia: «È un bene che Ingroia si candidi e concluda un percorso umano che va guardato con rispetto…».
Sempre ieri il Csm ha valutato la richiesta di aspettativa di Stefano Amore (fuori ruolo, consigliere al ministero dell’Economia) e ha accolto le dimissioni da magistrato di Augusta Iannini (fuori ruolo dopo l’elezione all’Autorità per la privacy), che ha smentito categoricamente l’ipotesi di una candidatura.
Tutt’altra questione è quella delle regole per la raccolta delle firme per i partiti non rappresentati in Parlamento. Il decreto firme va oggi in aula alla Camera ma non c’è intesa perché il Pdl accusa il governo di aver costruito una norma favorevole alle componenti di centro già in Parlamento. Accusa Peppino Calderisi (Pdl): «L’esenzione totale dell’obbligo di raccolta delle firme solo per alcuni soggetti è una norma oscura». La contropartita potrebbe essere quella contenuta negli emendamenti targati Ignazio La Russa. Che prevedono l’esenzione firme per il neonato «Centrodestra nazionale».
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