Vaccinavano contro la polio Uccise 5 donne pachistane
Cinque donne freddate da colpi di armi da fuoco alla testa, «colpevoli» di partecipare alla campagna antipolio del governo pachistano, somministrando i vaccini ai bambini. Due ragazze di 18 e 19 anni e due quarantenni sono state ammazzate ieri nell’immensa metropoli di Karachi, nel Sud del Paese sull’Oceano Indiano, una studentessa 17enne uccisa a Peshawar, avamposto delle zone tribali nell’estremo Settentrione, a un passo dall’Afghanistan. Tutti gli omicidi sono avvenuti in aree «talebane», o almeno abitate dall’etnia Pashtun, a cui appartiene la maggior parte degli estremisti islamici del Pakistan (come dell’Afghanistan), ferocemente contrari al presidente Asif Ali Zardari, agli Stati Uniti, a qualsiasi «apertura» all’Occidente, ai diritti delle donne. L’etnia controlla il Nord-Est ma anche a Karachi ha i suoi quartieri, in cui domina con potere assoluto. E ieri, con quelle morti, ha lanciato un nuovo avvertimento alle autorità : le vaccinazioni sono «harà m», proibite, come sancito da una serie di fatwa emesse da imam fondamentalisti nel corso degli anni. Le donne non osino opporsi al divieto. Anzi, soprattutto se giovani e nubili, stiano a casa.
Lunedì Islamabad aveva sfidato il diktat talebano, dando il via a una nuova campagna antipolio di tre giorni e mobilitando 24 mila persone, tra cui moltissime donne, per vaccinare 34 milioni di bambini sotto ai 5 anni. Il Pakistan quest’anno ha registrato 56 casi di polio e resta uno dei tre Paesi al mondo, con l’Afghanistan e la Nigeria, dove la malattia è ancora endemica. Tutti Paesi musulmani, anche se l’Islam ufficiale non vieta le vaccinazioni. Anzi, in settembre il Paese musulmano più conservatore, l’Arabia Saudita, aveva invito un suo ex ministro della Salute in missione a Peshawar: «Le vaccinazioni, l’antipolio in particolare, non sono uno strumento del male o degli infedeli — aveva detto ai leader talebani — ma la sola via per sradicare la malattia come già abbiamo fatto nel mondo, Medio Oriente compreso». L’Arabia, meta di milioni di pellegrini ogni anno, ha inoltre limitato l’afflusso dal Pakistan per motivi sanitari, ma questo non ha fatto cambiare idea ai talebani che da tempo fanno di tutto per impedire le vaccinazioni, uccidendo gli operatori (lunedì un uomo era già stato ammazzato a Karachi) e bloccando le campagne del governo. C’erano riusciti in luglio in tutto il Paese, ieri in una grande parte: a Karachi e poi nel Beluchistan, nell’Ovest, le autorità hanno sospeso le vaccinazioni a «data da destinarsi». A Peshawar per ora proseguono.
Non è solo l’Islam distorto dei talebani ad opporsi ai vaccini, sostenendo che questi «si oppongono al volere di Allah». La teoria del complotto anti-Occidente sostiene e diffonde l’idea che in questo modo gli «infedeli» sterilizzino i musulmani, impediscano loro di riprodursi. E se questo vale anche in Afghanistan e Nigeria, in Pakistan si aggiunge un ulteriore «motivo». Dopo l’uccisione di Osama Bin Laden a Abbottabad, il 2 maggio 2011, si scoprì che la Cia si era valsa di un medico della città per prelevare campioni di Dna dalle persone che vivevano nel compound sospetto. Come? Con una finta campagna di vaccinazioni. La condanna a 33 anni del medico «traditore» (in realtà ritenuto colpevole di altri reati) non ha calmato gli animi. Al contrario. Il sospetto che dietro ai volti sorridenti e ai gesti gentili dei «vaccinatori» si nascondano spie dilaga ormai in tutto il Paese.
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