Urne il 17 o il 24 febbraio. Le politiche con Lombardia e Molise
Election day, dunque, però al momento rimane fuori il Lazio dove si vota per il rinnovo degli organi della Regione. Il tribunale amministrativo ha fissato l’apertura delle urne per il 3 e 4 febbraio e il prefetto di Roma Giuseppe Pecoraro ha già firmato il decreto.
Eppure qualcosa potrebbe ancora cambiare, come ammette la stessa Cancellieri quando afferma: «Ho visto che c’è un ricorso presentato dal Codacons, se fosse accolto dai giudici del Tar saremmo ben felici». La decisione sarà presa il 20 dicembre e intanto si ragiona sul resto.
Non è escluso che nella stessa settimana si possa chiamare i cittadini a scegliere anche i sindaci. «Su questo – ha chiarito il ministro ai suoi collaboratori – non è stata presa ancora alcuna decisione, ma se – come mi pare – ci saranno molte richieste – le esamineremo con la massima disponibilità ». Sino ad ora era apparso che il Quirinale preferisse separare i due momenti, ma nelle ultime ore sia Gianni Alemanno sia i sindaci di altre città hanno sollecitato una nuova valutazione circa la possibilità di procedere in un’unica data e dunque anche di questo si dovrà ragionare nelle prossime ore.
La procedura per la fissazione delle elezioni politiche è complessa. Dal momento dello scioglimento delle Camere devono infatti trascorrere almeno 45 giorni per l’aggiornamento delle liste (neodiciottenni, persone decedute, cambi di residenza). Gli elenchi vengono poi inviati agli uffici del ministero dell’Interno che procedono ai controlli sulla regolarità prima del via libera definitivo. Intanto i partiti raccolgono le firme che poi devono superare il controllo. Secondo i calcoli effettuati al Viminale, se si dovesse votare il 17 febbraio, l’ultimo giorno utile per gli adempimenti sarebbe il 4 gennaio e questo vuol dire che le procedure devono essere svolte durante le festività natalizie con molti uffici sottorganico oppure con l’aggravio di dover pagare gli straordinari alla maggior parte dei dipendenti. Ecco perché sarebbe stata sottolineata l’opportunità di far slittare le consultazioni almeno di una settimana.
Del resto la questione non è solo burocratica. Esiste infatti anche un problema di raccolta delle firme che durante le festività rischia di essere rallentato e questo potrebbe danneggiare i partiti più piccoli. Ostacoli che però dovranno essere superati se, come sembra di capire, il presidente della Repubblica a questo punto mira a stringere i tempi evitando che l’Italia possa essere esposta anche dal punto di vista internazionale. Oltre alle considerazioni di tipo tecnico e a quelle legate al contenimento dei costi, la priorità riguarda infatti le valutazioni politiche e la necessità di scongiurare una situazione di incertezza che potrebbe pregiudicare la credibilità del nostro Paese.
Alla fissazione della data delle elezioni è legata anche l’entrata in vigore della legge sulla “par condicio” che comincia nel momento in cui viene firmato il decreto di scioglimento del Parlamento e termina la sera dei risultati.
Fiorenza Sarzanini
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