Tre ore di trattativa Poi passa la linea di Casini e Montezemolo

by Sergio Segio | 29 Dicembre 2012 9:25

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ROMA — Oltre tre ore di «lavoro intenso» come dice Mario Monti su Twitter. Ma anche oltre tre ore piuttosto turbolente, con scambi di opinioni vivaci e idee spesso contrastanti, che hanno trovato la sintesi raccontata dal premier nella conferenza stampa serale, condotta da solo nella sala Nassiriya del Senato. Ma il discorso che Monti tiene durante il vertice colpisce molti: «Non faremo una nuova Dc. Non siamo centristi né moderati. Non saremo un partito, ma un movimento innovativo, sicuramente non confessionale, che promuoverà  le riforme e il rapporto con l’Europa».
Un vertice che si tiene in un istituto per suore tra il Gianicolo e Trastevere e che vede riuniti intorno a un tavolo i principali rappresentanti del nuovo rassemblement: oltre a Monti ci sono Pier Ferdinando Casini, i ministri Andrea Riccardi, Enzo Moavero e Corrado Passera, il sottosegretario alla Presidenza Antonio Catricalà , i rappresentanti di Italia Futura (assente Luca Cordero di Montezemolo perché all’estero), Andrea Romano e Carlo Calenda, esponenti del terzo Polo come Benedetto Della Vedova, Linda Lanzillotta e Nicola Rossi, e due recenti transfughi, l’ex Pdl Mario Mauro e l’ex Pd Pietro Ichino. La scelta dirimente su cui si dibatte di più è quella se presentarsi con una lista unica anche alla Camera oppure con diverse liste. A favore della prima ipotesi si schierano nettamente il ministro Passera, che ha uno scontro (non diretto) con Casini. Con lui sono anche Della Vedova, Ichino e Lanzillotta. A favore della pluralità  di liste, invece Italia Futura ma anche Casini. Che rispetto alle scorse settimane ha cambiato opinione. E lo spiega sostenendo come sia sbagliato rinunciare allo scudo crociato, un simbolo che conta ancora molto in cabina elettorale. E come sia più utile alla causa avere più liste, sfruttando la rete dell’Udc: «Abbiamo poco tempo e l’Italia è grande. Non dimentichiamo il Sud: lì c’è bisogno di uomini che corrono sul territorio». Nel non detto, c’è anche la necessità  per Casini di piazzare i propri uomini con più libertà .
Monti ascolta le varie opinioni e poi decide di dar corso alle liste separate, specificando però che ci saranno gruppi unici sia alla Camera sia al Senato. A quel punto Passera, più che deluso, richiude la borsa con le ipotesi di simbolo della lista unica. E si decide che il nome e il logo della lista del Senato, Agenda Monti per l’Italia, sarà  contenuto nella metà  del simbolo delle tre liste della Camera (oltre alla lista civica e all’Udc dovrebbe esserci anche Fli). Ma Monti mette in campo anche una contromisura: la due diligence sulle candidature, affidata a Enrico Bondi. Perché il Professore è chiarissimo: lui avrà  l’ultima parola su ogni candidato, anche per la lista dell’Udc. E cita alcuni criteri che saranno utilizzati per scegliere: il numero dei mandati parlamentari, la fedina penale, gli eventuali conflitti d’interesse. Monti chiederà  la massima trasparenza patrimoniale ai candidati. Nulla si dice, nella riunione, sulle figure di peso che creano imbarazzo, da Gianfranco Fini a Lorenzo Cesa. Mentre si decide che chi non ha un partito alle spalle, come Ichino e Rossi, verrà  candidato al Senato.
La discussione continua, con Riccardi che chiede «grande apertura e coralità », per la composizione delle liste. Il fondatore di Sant’Egidio sarà  il «pivot» di quella cabina di regia che si è decisa di formare, per avviare la campagna elettorale. Si discute anche di programma e si decide di arricchire l’Agenda Monti, considerata come un punto di partenza da completare. In particolare con i temi sociali. Da oggi, si lavora concretamente. E Monti assicura: agli appuntamenti della campagna elettorale ci sarà , se necessario, anche di persona.

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