Statali, 150 mila in meno in tre anni e la Lombardia supera il Lazio

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ROMA — Sempre meno travet in Italia. Il personale alle dipendenze dello Stato, nelle sue varie forme è calato di 154 mila unità  nel triennio 2009-2011 rispetto al 2008, ultimo anno di leggera crescita. E questo grazie al blocco del turn over, imposto dalle ultime finanziarie, che per comprimere la spesa non consente ricambio generazionale. Un numero di uscite “naturali”, dunque, causate da pensionamenti, che tuttavia nei piani del governo Monti dovrebbe salire di altre 24 mila unità , gli “esuberi” quantificati nella relazione tecnica alla legge di Stabilità , di cui almeno 6 mila da effettuare entro l’anno, cioè oggi. Invece nulla. La spending review degli “statali” sembra saltata, finita nel caos di fine legislatura. Mentre, però, il ministero dell’Economia pensa comunque di allungare il blocco delle retribuzioni anche al 2014. Non solo meno travet, dunque. Ma anche meno pagati.
«È sicuramente importante definire il numero dei dipendenti pubblici ma ancora di più farli lavorare di più e meglio», ha commentato ieri Filippo Patroni Griffi, ministro della Funzione pubblica. I numeri della Ragioneria generale dicono che nel 2011 3 milioni e 283 mila italiani lavoravano a vario titolo per lo Stato, il 5,2% in meno del 2008. Di questi il 55% di donne (1,8 milioni), il 31% nella scuola, il 21 nella sanità , il 18 negli enti locali, il 9,9 nei corpi di polizia, il 5,9 nelle forze armate e solo il 5,1 nei ministeri, i più bersagliati nell’immaginario del “fannullone”. Anche la divisione geografica non è scontata: meno di un terzo degli “statali” è al Centro (30%), mentre Sud e Nord si spartiscono un 35% a testa. Non solo. La Lombardia prevale sul Lazio (12,51% contro 12,35%), seppur d’un soffio: 406 mila contro 401 mila. Enti locali contro ministeriali.
Tasto dolente: i precari. Tra interinali, lavoratori socialmente utili, co.co.co, siamo a 70 mila (extra rispetto ai 3,3 milioni). Più gli oltre 86 mila a termine. Molti di questi contratti, in scadenza oggi, sono stati prorogati a luglio. Altro tasto dolente: il blocco delle retribuzioni. Tra 2010 e 2012 i dipendenti pubblici hanno già  perso, in media, 1.600 euro (calcoli dell’Aran) solo come potere d’acquisto. Ovvero il 5,8% che diventerebbe un meno 11% se il blocco fosse prorogato al 2014, come pare il governo
si appresti a fare, seppur investito della sola “gestione ordinaria”. Il malumore è molto forte nei sindacati di settore. «È legittimo? Secondo noi no, perché una decisione del genere non è ordinaria amministrazione e perché il nuovo governo se volesse tornare indietro dovrebbe trovare i soldi per la copertura, mentre oggi è un’operazione a costo zero che serve solo a inquinare i pozzi», dice Michele Gentile, Fp-Cgil. Intanto delle 6 mila “eccedenze” – tra amministrazioni centrali, agenzie fiscali, enti pubblici – frutto della spending review di Bondi (20% di dirigenti in meno, 10% dipendenti), non v’è traccia. Così degli altri tagli negli enti locali (fino a un totale di 24 mila): Comuni e Province in base al rapporto tra dipendenti e abitanti, Regioni tra posti letto e abitanti. Un flop frutto anche della confusione, visto che a gestire i tagli sono tre dicasteri: Economia, Interni, Funzione Pubblica.


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