SERVE IL DIALOGO TRA GOVERNI E WEB

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Ci ha invitato a cercare motivi di speranza negli startupper che creando nuove aziende costruiscono anche il nostro futuro. Infine ha ammesso che alcune regole andranno cambiate per far funzionare il tutto: in particolare ha proposto sette azioni concrete da realizzare nell’anno nuovo ma non ha parlato mai di Google. E neanche ha puntato l’indice sulla posizione di favore fiscale che le web company avrebbero nell’Unione Europea. Neanche una parola suun tema che affolla la pagine dei giornali di mezzo mondo.
LA MASSIMA autorità  politica della Ue in tema di Internet evidentemente non pone questi temi in cima alle cose da risolvere nel 2013.
Eppure il tema del rapporto fra noi e le web company americane esiste. In particolare il complesso di accuse, tensioni e controversie che puntano su Google non dipende da una cattiva congiunzione astrale. Dipende, in buona parte, da quel fattore che sta dietro quasi tutte le guerre: i nuovi arrivati, anche se sono arrivati ormai 14 anni fa, sono sempre barbari e i barbari fanno paura. Soprattutto perché non li conosciamo: non parliamo la loro lingua. Il mondo digitale ha davvero una lingua a parte e anche il legislatore spesso non ha saputo tenere conto che Internet non era solo un’altra tecnologia ma cambiava le regole del gioco e aveva quindi bisogno di nuove leggi. Il caso fiscale è il più clamoroso: è la legge del mercato unico a stabilire che il quartiere generale di chi opera in 27 paesi debba essere in uno Stato solo; ed è ovvio che uno scelga quello fiscalmente più vantaggioso. Va cambiata? Certamente sì.
L’incomunicabilità  è stata particolarmente evidente il 13 dicembre scorso, quando è stato firmato l’accordo fra gli editori belgi e Google. La firma ha chiuso una vertenza aperta sei anni fa dagli autori ed editori di giornali belgi in lingua francese. Prevedibile il capo di accusa: Google, mostrando su Google News le descrizioni brevi degli articoli e pubblicando i link alle copie delle loro pagine in Google Search, viola il diritto d’autore. L’accordo ha quattro capisaldi: gli editori cercheranno di usare meglio il servizio di Google AdWords per attrarre nuovi lettori; gli editori proveranno ad aumentare i ricavi anche usando i servizi di Google AdSense e AdExchange; gli editori proveranno a coinvolgere maggiormente i lettori usando gli strumenti di GooglePlus come gli hangout (video conferenze) o aprendo canali dedicati su YouTube (di proprietà  di Google); infine si studieranno modalità  per distribuire meglio i contenuti su smartphone e tablet, il vero mercato di domani. Aggiungiamo che Google non pagherà  neanche un euro per continuare a includere i contenuti dei giornali nei servizi della piattaforma ma si limiterà  a promuovere i suoi servizi sui siti web dei giornali.
Il tutto costituisce un corso accelerato di digital marketing per chi non conosce bene la rete. «Meglio lavorare insieme che combattersi » è stato il commento di Thierry Geerts, capo di Google in Belgio. Credo che anche la Kroes sarebbe d’accordo.


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