Sanità  a doppio binario

by Sergio Segio | 12 Dicembre 2012 9:51

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Il precipitare degli eventi e le dimissioni anticipate di Mario Monti lasciano in sospeso, tra le altre cose, anche la riforma del finanziamento del Sistema sanitario nazionale entrata per forza di cose nell’agenda del governo tecnico. A causa della manovra Tremonti del 2011, gli italiani dovranno sborsare due miliardi di euro in più l’anno, a partire dal 2014, sotto forma di ticket sanitari. Un vero salasso: vuol dire, di fatto, raddoppiare gli oneri a carico dei cittadini al momento del consumo dei servizi sanitari. A meno di trovare una soluzione alternativa che finora evidentemente nessuno ha voluto trovare. Nelle ultime settimane, il premier aveva già  detto un paio di volte che il sistema così com’è «potrebbe non essere più sostenibile». Ieri, a chiarire meglio in quale direzione si debba andare, è stato il Capo dello Stato Giorgio Napolitano, intervenendo sul punto – come mai prima – in occasione della presentazione del Rapporto sullo Stato sanitario del Paese presentata dal ministro Renato Balduzzi. Elogiando il nostro Ssn, Napolitano ha esortato a «non regredire, non abbandonare quella scelta che è un titolo di civiltà  per il nostro Paese». Eppure, se da un lato «la sanità  privata deve sottostare a regole più severe e controlli più oculati di quanto fatto per lungo tempo», bisognerebbe anche «chiedere ai cittadini capaci di maggiore contributo, in ragione della loro capacità  effettiva di reddito, di darlo al finanziamento del Servizio sanitario pubblico».
Morti da inquinamento
Balduzzi, dal canto suo, fotografa un Paese (dati del 2011) in «buono stato di salute, comparato con quello degli altri Paesi europei». Un punto a favore della sanità  italiana che, ha detto, «nel corso del 2012 ha offerto un significativo contributo alle politiche adottate dal governo per l’uscita dalla crisi». Decisamente meno buono però, secondo il programma “Sentieri” contenuto nel rapporto, lo stato di salute dei cittadini che abitano in prossimità  dei grandi centri industriali attivi o dismessi e dei siti di smaltimento di rifiuti tossici. In queste aree si muore e ci si ammala più di quanto atteso. Lo studio epidemiologico ha analizzato le patologie emergenti nel periodo 1995-2002 nei cittadini che abitano nei dintorni di 44 dei 57 «siti di interesse nazionale per le bonifiche», quelli dei maggiori agglomerati industriali nazionali. Ebbene, risulta evidente che c’è un eccesso di mortalità  nella popolazione residente in queste zone: rispetto all’atteso ci sono 9.969 casi in più, con una media di oltre 1.200 casi annui. Focalizzando poi l’attenzione sulle morti sicuramente dovute a esposizione ambientale, si trovano 2.439 decessi in eccesso rispetto all’atteso per gli uomini e 1.069 per le donne. «La quasi totalità  dei decessi in eccesso si osserva – spiega il rapporto – nei siti da bonificare del Centro-Sud». Dati, questi, che portano il ministro Balduzzi ad auspicare il reperimento di «maggiori risorse» per il monitoraggio e la bonifica di questi siti, «tra cui quello di Taranto».
Un grattacapo da due miliardi
Ma il ministro Balduzzi torna soprattutto sulla questione dei due miliardi di ticket a partire dal 2014: «Possiamo far finta di niente e lasciare al prossimo governo l’intera questione, oppure possiamo in queste settimane cercare di delineare una proposta, un’ipotesi che poi la legislatura successiva valuterà ». Ma è evidente che sulla sanità  c’è aria di “controriforma” in tutta Europa. Nel frattempo ieri sera il Consiglio dei ministri ha dato il via libera al decreto sui costi standard in sanità  per individuare le tre Regioni (tra quelle che hanno assicurato i livelli essenziali di assistenza e sono in pareggio di bilancio) da prendere a riferimento a livello nazionale. Sul testo non c’era stata intesa con le Regioni che chiedevano di inserire nella rosa dei benchmark anche una regione del Sud, ma il governo, come già  anticipato qualche giorno fa dal ministro Balduzzi, è andato avanti comunque.
Verso una doppia sanità ?
Le ipotesi di riforma del sistema di finanziamento sanitario a cui sta lavorando il governo tecnico vanno appunto nella direzione descritta ieri da Napolitano: differenziare il sistema di pagamento a seconda del reddito. Ma «attenzione – avverte l’economista Nerina Dirindin, docente di Scienza delle finanze e ex assessore alla Sanità  della Regione Sardegna di Renato Soru – quella che appare come una richiesta di equità  può portare al superamento del sistema universalistico perché inevitabilmente, se si fanno pagare troppo le categorie più ricche, queste prima o poi chiederanno di uscire dal Servizio sanitario nazionale». E così si arriverà  al doppio sistema sanitario, uno per i ricchi e l’altro per i poveri. «Un conto – continua Dirindin – è prevedere un sistema fiscale generale più progressivo, altro è aumentare stabilmente, e non solo come contributo straordinario in questi anni di crisi, i costi al momento del consumo sanitario: è una china scivolosa che porterà  i redditi medio-alti a premere per la fine dell’universalismo». Un altro sistema, di cui si è molto innamorato il ministro Balduzzi, è quello della «franchigia», vale a dire di un limite proporzionale al reddito (c’è l’ipotesi del 3 per mille) di costi sanitari tutti a carico del paziente. Oltre questo tetto, però, ogni servizio sanitario diventa completamente gratuito, con il rischio secondo alcuni di vedere crescere molto i costi complessivi del Ssn. «Non solo – aggiunge ancora la professoressa Dirindin – per applicare la franchigia bisognerebbe estendere a tutti i cittadini il sistema di carte sanitarie con microchip e informatizzare ogni presidio sanitario. La franchigia, insomma, è un meccanismo tipico del sistema assicurativo che ciclicamente qualcuno tenta di introdurre ma che al momento è inapplicabile». morti l’anno in eccesso rispetto all’atteso nelle zone urbane inquinate, vicine ai siti industriali o di stoccaggio dei rifiuti tossici (secondo lo studio epidemiologico Sentieri)

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