“Salveremo lo Jonio” il movimento No Triv sgambetta i petrolieri

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IL GOLFO di Taranto come quello del Messico? E’ lo scenario che paventano gli abitanti della costa ionica e le amministrazioni di Puglia, Basilicata e Calabria. Si mobilita anche un movimento, il “No triv”, che si oppone alle trivellazioni nei mari italiani. L’annuncio della Shell e della Apennine Energy di voler verificare la presenza di idrocarburi sul fondale dello Ionio ha scatenato la protesta. «Dobbiamo difendere il nostro mare – rivendica sui giornali locali don Antonio Mauri, parroco di Policoro – perché né l’uomo né nessun’altra forma di vita dovrebbe alterare quest’equilibrio perfetto». Questa mattina Policoro sarà  l’epicentro della rivolta. Un corteo partirà  alle 10 da piazza Eraclea e mezz’ora dopo arriverà  al Palaercole per ascoltare gli interventi delle autorità  locali e delle associazioni ambientaliste: «Hanno già  aderito tutte le amministrazione della zona costiera», garantisce Rocco Leone, sindaco della cittadina. Lo slogan della giornata sarà  “Salviamo il mare”.
In realtà  le compagnie petrolifere che hanno presentato le richieste di indagine sostengono di non avere intenzione di turbare alcun equilibrio naturale. Anzi. Nella domanda parlano di indagini «a basso impatto ambientale », che dureranno sei settimane e saranno eseguite con una tecnica non invasiva, quella dell’“air gun”, un getto d’aria che funziona con il principio dei sonar per indagare quel che si nasconde sotto i fondali. Ma è chiaro che il movimento di protesta non è spaventato dalle indagini quanto dall’eventualità  che abbiano successo.
La protesta preventiva, quella che il sindaco di Nova Siri, Giuseppe Santarcangelo, spiega con la necessità  di «lasciare un territorio fruibile a quelli che verranno dopo», è anche motivata dallo sviluppo turistico nella zona ionica. Un incremento che negli ultimi anni ha fatto aumentare il modo notevole i posti letto turistici nella zona di Policoro. Spiagge e porti turistici che si teme domani possano fare la fine di quelli di tante coste del mondo inondate dalle maree nere degli incidenti petroliferi.
Eppure con il petrolio la Basilicata deve fare i conti da tempo.
Perché mentre si discute sugli eventuali giacimenti in alto mare, sono una realtà  quelli sulla terraferma che garantiscono una produzione di 100 mila barili al giorno nei campi della val d’Agri dati in concessione all’Eni. A questi si aggiungeranno nel 2016 i 50 mila barili della contestata concessione ai francesi della Total nel campo di Tempa Rossa. Ma negli anni scorsi l’Eni aveva già  fatto sapere di voler aumentare a 130 mila barili la sua estrazione quotidiana. Sulla terraferma la polemica del presidente della Regione Basilicata, Vito De Filippo, era soprattutto legata alle royalty che finiscono nelle casse regionali e ai criteri di assunzione della manodopera: «Ci vorrebbe una scuola di formazione per insegnare il mestiere ai nostri ragazzi», aveva dichiarato il presidente della Regione lo scorso anno chiedendo una maggiore presenza di lucani negli organici.
Oggi invece l’opposizione riguarda i timori per l’ambiente: «Difenderemo il nostro mare come abbiamo fatto contro le trivelle in Adriatico», annuncia il presidente del Consiglio regionale della Puglia, Onofrio Introna, che questa mattina interverrà  alla manifestazione. E già  circolano sulla Rete le immagini dello Ionio occupato dalle piattaforme come quella che nell’aprile 2010 provocò uno dei maggiori disastri ambientali nel golfo del Messico provocando la chiusura del 20% delle spiagge. Un fantasma che ingrosserà  le fila della protesta di Policoro.


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