“Quel decreto blocca le indagini vogliono che l’Ilva inquini ancora”

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BARI —  «Il governo vuole che l’Ilva continui a inquinare». La procura di Taranto sfida l’esecutivo e impugna alla Corte costituzionale il decreto che consente al siderurgico di continuare a lavorare: «Con quella legge — dicono — viene violato l’articolo 112, che obbliga il pubblico ministero a esercitare l’azione penale. Il Governo ci impedisce di perseguire i reati commessi dall’Ilva». Il ricorso è stato depositato il 20 dicembre a firma del procuratore Franco Sebastio, dell’aggiunto Piero Argentino e dei sostituti Mariano Buccoliero e Giovanna Cannarile. La tesi è semplice: con il decreto numero 207 il Governo ha consentito all’Ilva di utilizzare l’area a caldo e riprendere la produzione. I custodi nominati dal giudice hanno però messo nero su bianco che, stando così le cose, è impossibile per il siderurgico produrre senza inquinare. Perché accada dovrebbero essere realizzati lavori all’impianto che invece non sono stati al momento nemmeno finanziati. «Il Governo, quindi — spiegano da palazzo di giustizia — ha consentito per legge che venga commesso un reato, l’inquinamento, impedendo all’ufficio del pubblico ministero quello che è invece obbligato a fare per Costituzione: esercitare l’azione penale e interrompere la commissione di un reato».
Il ricorso è ora sul tavolo dei giudici costituzionali che sono chiamati a deciderne l’ammissibilità . Se lo ritenessero procedibile, lo notificheranno al Governo chiamandolo a controdedurre.
L’esecutivo ha però sostenuto sempre il contrario di quanto dice la procura e i suoi custodi: il ministro dell’Ambiente, Corrado Clini, è convinto che se l’Ilva rispettasse i diktat previsti dalla legge, arriverebbe a una produzione compatibile con l’ambiente. La Corte probabilmente non sarà  chiamata a discutere soltanto questo ricorso. L’Ilva sta aspettando la pubblicazione della legge in Gazzetta ufficiale per chiedere alla Procura e al gup, Patrizia Todisco, il dissequestro dell’acciaio già  prodotto (valore di mercato, un miliardo di euro) e che al momento è fermo in un capannone dello stabilimento. Giudice e pm avevano espresso parere negativo a togliere i sigilli al materiale. Il Governo ha approvato un emendamento ad hoc invece per permetterne la commercializzazione. Non appena l’Ilva ne chiederà  l’esecuzione sia la procura sia il giudice sono pronti a sollevare un nuovo caso alla Corte costituzionale. «Il ricorso che abbiamo depositato — spiega il procuratore, Franco Sebastio — era stato già  annunciato. Quando la legge sarà  pubblicata — aggiunge — la studieremo e se ci creerà  motivi di perplessità  agiremo». In ogni caso, prima di un anno non dovrebbe arrivare una decisione da parte dei giudici costituzionali.
In questi dodici mesi l’Ilva potrà  continuare a produrre come già  sta facendo, seppur con grande sofferenza: al momento sono 1.400 operai in cassa integrazione, la produzione risente fortemente dell’acciaio che rimane sotto sequestro, le navi hanno ripreso a scaricare e caricare materiale seppur con un ritmo assai blando, i danni del tornado non sono stati ancora completamente assorbiti ma si va verso un lento ritorno alla normalità . «Il ricorso alla Corte Costituzionale contro il decreto Salva-Ilva — ha però commentato il presidente dei Verdi, Angelo Bonelli — è un atto dovuto a tutela della salute dei cittadini, dei lavoratori e in difesa della Costituzione».


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