Proteste in Kuwait
Continuano le manifestazioni e gli scontri in Kuwait, dopo le elezioni legislative di sabato scorso contestate dall’opposizione: anche ieri, terzo giorno di proteste, ci sono stati scontri con la polizia. Sabato ci sono state le elezioni per rinnovare l’Assemblea Nazionale, il Parlamento del paese. I partiti vicini ai gruppi islamici sciiti hanno conquistato 17 seggi su 50. Si tratta del secondo voto quest’anno per eleggere il Parlamento: a febbraio avevano ottenuto 9 seggi.
L’opposizione ha deciso di boicottare le elezioni, senza presentare candidati nelle liste elettorali e quindi senza ottenere seggi: aveva chiesto alla popolazione di non andare a votare. L’affluenza è stata del 26,7 per cento, secondo i dati diffusi dal ministero dell’informazione, ha scritto il Kuwait Times, di poco inferiore a quanto ci si aspettava. L’opposizione, formata da movimenti di origine tribale, da alcuni esponenti dell’imprenditoria e da gruppi liberali, ha criticato l’emendamento approvato dal governo sulla legge elettorale per votare la nuova Assemblea Nazionale: l’emendamento riduceva il numero delle preferenze possibili da quattro a una, favorendo così secondo molti i candidati vicini al governo.
In Kuwait non sono riconosciuti i partiti politici e dunque le alleanze politiche hanno poco valore e poca forza: tutti i rapporti politici si basano sui legami personali con le famiglie e i gruppi religiosi più potenti e importanti. Il capo di Stato del Kuwait è l’emiro Sabah Al Ahmad Al Sabah, della famiglia regnante Sabah: tra i suoi poteri c’è quello di nominare il primo ministro, che attualmente è lo sceicco Jaber Al Mubarak Al Sabah.
Foto: YASSER AL-ZAYYAT/AFP/Getty Images
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