Primi tre arresti per lo scandalo del Libor

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NEW YORK – A questo mondo c’è giustizia finalmente: anche per tutte le vittime delle banche. Però evidentemente di fronte alla legge c’è sempre qualcuno che è più uguale degli altri: com’è possibile che per un traffico di quasi 10 miliardi di dollari sporchi la superbanca Hsbc finisca per pagare meno di 2 miliardi?
La notizia del multone al colosso inglese arriva proprio mentre a Londra scattano i primi arresti per un altro clamoroso scandalo finanziario: i ritocchi truccati dell’indice Libor. Tre persone sono finite in cella e sono tre grandi conoscitori dei segreti delle contrattazioni. A soli 33 anni Thomas Hayes ha avuto già tra le mani le chiavi di Ubs e Citigroup, brillante trader dei colossi lì alla Borsa di Londra. Almeno uno degli altri due arrestati – sostiene il New York Times – lavorava poi per RP Martin, la compagnia di brockeraggio finita per prima nell’inchiesta partita qualche mese fa dal Canada. La storia ha già  fatto cascare dal piedistallo uno dei più noti Padroni dell’Universo, secondo la celebre definizione che Tom Wolfe diede ai signori di Wall Street. Dopo che la banca, sempre inglese, Barclays, accettò a giugno di pagare 450 milioni di dollari per patteggiare le accuse di manipolazione degli indici per mano dei suoi impiegati, a offrire la propria testa fu addirittura il Ceo, Robert E. Diamond Jr.
Il sistema era semplice. Il Libor, cioè il London Interbank Offerered Rate, è l’indice che stabilisce i tassi di prodotti finanziari come mutui e carte di credito, un mercato da decine di migliaia di miliardi di dollari: bastava ritoccarli al ribasso per dare l’impressione che i conti degli istituti che li proponevano andassero a gonfie vele. Ma Barclays si sta rivelando solo la punta dell’iceberg. Il colosso svizzero Ubs sarebbe pronto a pagare una cifra ben superiore: mentre anche Back of Scotland ha annunciato un accordo pecuniario in arrivo a febbraio.
Dalla City a Wall Street il passo, si sa, è finanziariamente breve.Così sempre gli inglesi, stavolta di Hsbc, sono i protagonistidell’altra storiaccia criminale. La banca ha accettato di pagare quasi 2 miliardi (per la precisione 1,92) per patteggiare nell’inchiesta Usa sul riciclaggio che ha fatto emergere un traffico di dieci miliardi di dollari sporchi. Le accuse del Dipartimento di Giustizia sono inquietanti. Attraverso le filiali sudamericane l’istituto avrebbe permesso l’ingresso negli Usa di almeno 7 miliardi di dollari dal 2007 al 2009: una cifra enorme che «doveva necessariamente includere denaro legato al narcotraffico», secondo l’accusa degli americani. La banca hariconosciuto le proprie responsabilità  scaricandole ovviamente sulla «mancata vigilanza». Il patteggiamento raggiunto con la multa è però un modo di chiuderla qua: l’inchiesta si ferma evitando che ulteriore scandalo sull’istituto possa destabilizzare i già  instabili mercati. Insomma è l’ennesimo trionfo del principio del “Too Big Too Fail”: a salvarsi sono sempre le banche “troppo grandi per fallire” visto che la caduta trascinerebbe nel caos l’intero sistema. Per la cronaca, le relazioni pericolose di Hsbc non si fermavano al confine con il Messico. Il colosso è accusato di non aver disdegnato affari con le banche dell’Arabia Saudita che fanno credito ai gruppi terroristi: i soldi di Wall Street hanno insomma permesso ad Al Qaeda di continuare a uccidere i cittadini-sudditi delle loro banche. Nell’ultima inchiesta su “banche sporche” sorta a latere, gli inglesi sono stati scoperti in affari anche con la Libia e l’Iran che si arma dell’atomica, oltre che con il Sudan e con la Birmania prima dell’apertura a San Suu Kyi. Business senza frontiere: e senza un minimo di dignità .


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