Primarie anche per la Cgil la «gaffe» dei Democratici

by Sergio Segio | 6 Dicembre 2012 8:23

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Un corsivo di un ex dirigente, Michele Magno, pubblicato sul Foglio aveva sostenuto le primarie «come antidoto contro lo strapotere delle burocrazie e delle nomenklature». E poco dopo la minoranza della Cgil, che in quella circostanza si opponeva al segretario Guglielmo Epifani per sbarrare la strada alla staffetta con Susanna Camusso, aveva fatto sua la proposta di far votare almeno tutti gli iscritti con esplicite dichiarazioni di due dirigenti di peso come Gianni Rinaldini e Guglielmo Podda.
Anche oggi la parola «primarie» provoca qualche reazione nell’alta dirigenza Cgil e il motivo è semplice: si teme che un giorno o l’altro possa diventare il grido di battaglia della minoranza e in particolare di Maurizio Landini, leader della Fiom. Oggi però Landini ha davanti a sé ben altre priorità  (il contratto separato dei metalmeccanici, la legge sulla rappresentanza) e quindi il confronto sulle regole interne di governance è rimandato nel tempo. Comunque Bersani ha capito di aver fatto una gaffe propagandando le virtù onni-salvifiche delle primarie e nelle successive sortite si è ben guardato dal riproporre l’idea.
Se infatti il segretario ha una preoccupazione è quella di dosare i rapporti con la Cgil che lo ha sostenuto con trasporto e dedizione nel derby con Matteo Renzi e che di conseguenza va in qualche maniera ricompensata. Bersani in cuor suo avrebbe preferito che Camusso avesse firmato l’accordo sulla produttività , come si può tranquillamente evincere dalle dichiarazioni rilasciate a caldo da Stefano Fassina, ma non ha nessuna voglia di tornare anche su questo spinoso argomento. Il messaggio che invece ha voluto mandare riguarda la concertazione. Camusso è sempre feroce nelle dichiarazioni anti-Monti per valutazioni di merito sui suoi provvedimenti ma anche perché non ha mai digerito la derubricazione del tradizionale schema di rapporti imprese-sindacato-governo. Bersani l’ha rassicurata che «se dovesse toccare» a lui si tornerebbe all’antico e per la Cgil è musica visto che incasserebbe non solo il replay della concertazione ma anche il vantaggio di avere a Palazzo Chigi un «premier amico». Prima però che tutto torni al suo posto ci sarà  modo per entrare nel merito delle diverse concezioni del metodo concertativo. In Cgil tutto sommato il tavolo a tre viene considerato come il presupposto di un intervento finanziario pubblico keynesianamente necessario per risolvere i problemi. Non è detto, invece, che Bersani e Fassina la pensino proprio allo stesso modo.

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