Prigionieri del déjà vu
Anche i suoi tic ormai lividi — «ma guardi», «mi consenta», «ma smettiamola» — sono per ciascuno di noi un déjà entendu, un già ascoltato, che è uno stato confusionale del Paese, una sorta di ekstasis, una fuoriuscita dal tempo reale. È roba da fare ammattire perché il
déjà vécu, il già vissuto, è sostenibile solo quando è un lampo di pochi secondi. Qui dura da venti anni e non è mai finita.
E anche le reazioni della Merkel prudenti ma dure, l’angoscia del Partito Popolare europeo, le paure del presidente Martin Schulz, insomma il folclore italiano che di nuovo diventa malessere internazionale è la nostra trance sonnambolica, un deliquio che abbassa i poteri critici perché la dannazione del déjà vu è ormai la via italiana alla crisi internazionale. E i terribili titoli dei giornali più autorevoli del mondo sono il déjà lu, il già letto. Gli articoli scritti sull’Italia sono il déjà écrit.
In tutte le lingue del mondo la coazione a ripetere è un’epidemia planetaria di déjà vu.
E anche noi, anche io mi sorprendo a riproporre le parole che avevo già usato e a ritrovarle vuote, sospese nella surrealtà del déjà moi-màªme, il già me stesso, che è la malattia di chi non diventa grande: così Berlusconi ci nanizza. E i comici, che furono forse i soli a far fortuna grazie a Berlusconi, sputano oggi le bellissime antiche battute come malori dell’anima, perché senza lo slancio vitale non c’è riso, diceva Bergson. E il déjà ri, il già riso, è forse la peggiore tra le patologie del déjà vu: è un ristagno, un impaludamento.
Il déjà vu, che fa diventare seri persino i comici, toglie il respiro e la dignità anche agli intellettuali organici del berlusconismo e ai suoi astuti e abilissimi frondisti perché la ri-fronda è un’autosconfessione, prevedibile come l’obbedienza. E il déjà vu smaschera i collaterali che si fingevano equidistanti e disarma gli organ house perché i cani da guardia che rilatrano lo stesso bau diventano cani da macina che girano attorno a se stessi: il déjà aboyé, il già abbaiato, è un suono sordo e inespressivo. E la struttura delta, la macchina del fango, le campagne di propaganda, i capelli che crescono nelle fotografie, i trucchi di corte del ciambellano Signorini, le promesse da piazzista nei Porta a Porta di Vespa… sono il déjà vu della ciarlataneria, cioè il ciarlatano di se stesso. Confessiamolo: appena Berlusconi dice che «lo spread è un imbroglio» oppure quando leggiamo il déjà lu, il già letto di Marcello Dell’Utri che si propone come unico ermeneuta accreditato del Cavaliere, noi italiani, compresi i tanti ex elettori del Pdl, ci sentiamo scaraventati in fenomeni paranormali, come in un vortice di metempsicosi, una sovrapposizione del passato sul presente che è l’allergia al futuro dell’Italia presa in ostaggio da un ossesso e dalla sua banda di sopravvissuti.
L’estetica della casa, le maglie nere a giro collo sotto il doppiopetto sempre più largo, le escort e l’ennesima nuova Minetti, la signorina Pascale presentata come fidanzatissima, che alla di nuovo spiritata Santanché pare «una cosa bellissima», il coordinamento di Verdini, la interruptio dei processi, il libro ripaga del ragionieri Spinelli, il conflitto di interessi, la reiterazione dello stalliere fantasma e l’aggiornamento dei soliti mostri da Brunetta a Samorì, da Lavitola a Briatore…: così il déjà vu diventa allucinazione estenuante a cui nessuno può sfuggire.
Ma se davvero Berlusconi provocherà il déjà vu in tutti, non ci saranno buchi di campagna dove nascondersi, dove sottrarsi al contagio di questa malattia. Lui dice «io sono stato uno dei capi di governo più autorevoli» e la frase da megalomane manicomiale risuona come un’eco diabolica perché il déjà vu, sosteneva già Sant’Agostino che di Tempo se ne intendeva, è un’affezione prodotta per influsso degli spiriti maligni, “il tempo a piramide” secondo il bel libro che il filosofo italiano Remo Bodei ha dedicato proprio al déjà vu.
Come possiamo dunque salvarci da questa nuova trappola di Berlusconi che prima cercava di stupire e ora prova a instupidire? Ecco: per non lasciarci trasportare dal fiume di già visto, già vissuto, già detto e già fatto dobbiamo a tutti i costi abbandonare la surrealtà e ributtarci nella realtà . Concentriamoci subito sui veri protagonisti della prossima campagna elettorale, da Bersani a Monti, da Grillo al grande partito dell’astensione. Berlusconi era già ai margini ed è ancora ai margini. Vuole spaventarci con il déjà vu come spaventano la telecinesi, i venti gelidi, i tavolini che ballano, l’apparizione degli spettri. È questo il dinosauro che ha tirato fuori dal cilindro: il déjà vu.
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