Pomigliano, svenduta e comprata. Natale a casa Fiat

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Alla Fiat di Pomigliano d’Arco ieri gli operai con le famiglie al seguito festeggiavano il «Natale dei bimbi»: lavoratori travestiti da elfi e hobbit, insieme agli animatori, intrattenevano i figli trasformati in piccoli Harry Potter. Un capannone convertito in villaggio stile Il signore degli anelli mixato con la capanna della natività , tra buffet e giocattoli per i più piccoli. Fuori i cancelli c’erano altre famiglie, quelle in attesa di contratto. Niente dolci per loro, ma non erano a mani vuote. Avevano infatti un sacco pieno di 5.586 fotocopie di bonifici bancari, quattro miliardi di vecchie lire, intestati al conto ‘Gabbiano’, cioè il conto da cui gli Agnelli negli anni ’80 facevano partire i bonifici con cui finanziare off-shore il Psi di Craxi.
L’allora presidente del Consiglio fu, con Romano Prodi (che dirigeva l’Iri), tra i protagonisti della svendita dell’Alfa Romeo alla Fiat nel 1986. Una lezione di storia impartita dalle mogli degli operai e dei cassaintegrati, accompagnate dalla musica degli ‘E zezi – Gruppo operaio Pomigliano d’Arco.’ Volevano consegnare “il pacco regalo” agli Agnelli e a Marchionne: «Loro hanno costruito la fabbrica con il nostro sangue – spiegavano – si riprendessero le banconote con le quali è stata consentita la più vergognosa delle privatizzazioni». Tanto da suscitare all’epoca i sospetti della Cee: il prezzo d’acquisto pagato dalla Fiat era infatti molto inferiore al valore reale del gruppo, fissato da Finmeccanica per favorire Torino, nonostante la Ford avesse offerto di più.
Storie da prima repubblica che non interessano agli azionisti, così dentro la festa è proseguita tra palloncini e giostre medioevali. Al Lingotto queste cose piacciono molto: a Natale i biglietti per il circo, d’estate i bagni in colonia, di tanto in tanto i ‘family day’. Poi però, come nelle famiglie disfunzionali, il padre padrone si trasforma in orco: se ti fai male ti spediscono in clinica a raccontare che sei inciampato a casa; se ti cade un componente, perché lavori senza soste e senza climatizzazione, a fine turno arriva la pubblica umiliazione.
Nella grande famiglia Fabbrica Italia Pomigliano domani entreranno i 19 lavoratori Fiom reintegrati grazie alle sentenza del tribunale di Roma. Faranno tre giorni di corso, poi quattro giorni di lavoro e poi cassa integrazione fino a gennaio. «Non sappiamo quale mansione ci daranno – racconta Antonio Di Luca – né in che modo l’azienda interpreterà  i dispositivi. Sappiamo solo che con noi entra la Fiom, la legalità  e la speranza per gli oltre duemila lavoratori che sono ancora fuori».
Domani mattina ci saranno anche i lavoratori dell’ex Ergom sul piazzale della Fip: i circa 800 operai dell’indotto bloccheranno il cancello per lo scalo merci, stanchi di aspettare il piano industriale che avrebbe dovuto garantire i livelli occupazionali con il passaggio in newco, come da accordo siglato tra Fiat e sindacati. Il clima non è sereno neppure per chi lunedì varcherà  i cancelli per la prima volta da assunto: pesa su di loro la spada di Damocle della procedura di mobilità  avviata dalla Fiat per licenziare 19 operai per motivi «occupazionali e produttivi», nuova tappa della guerra dichiarata dal gruppo contro il sindacato che gli si oppone e contro le sentenze. Una delle ipotesi potrebbe essere la messa in mobilità  dei lavoratori Fiom appena entrati o il loro licenziamento in tronco facendo leva sulla legge 223 del 1991, in particolare la parte che prevede tra i criteri per licenziare la possibilità  di scegliere chi è stato assunto per ultimo.


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