Piemonte, lo scandalo dei rimborsi videogame e night a spese della Regione
TORINO — Chissà quale utilità politica deve essersi figurato Andrea Stara, consigliere di centrosinistra del Piemonte indagato per peculato, mentre comprava con la carta di credito della Regione un tosaerba e una sega circolare. Oppure Michele Giovine, Pensionati per Cota, quando attendeva in coda alla cassa del bagno turco, asciugamano annodato in vita, e in mano una carta intestata al gruppo regionale di cui è unico consigliere. O Maurizio Lupi, dei Verdi Verdi, mentre, vittima di una irrefrenabile passione per i videogiochi, si faceva regalare dai contribuenti 2050 euro di prodotti informatici. E poi ancora quando cenavano al ristorante, viaggiavano e soggiornavano all’estero, fumavano le sigarette comprate con i soldi dei piemontesi, facevano una capatina al night club fino a tarda notte. È probabile che non abbiano neppure tentato lo sforzo di immaginare una giustificazione. Perché a giudicare dalla varietà di acquisti sconclusionati emersi dalla prima tranche di indagini della guardia di finanza di Torino sulle spese dei gruppi regionali, si direbbe che neppure uno, tra Stara, Giovine e Lupi, abbia provato a mantenere una condotta falsamente coerente con la reale motivazione del finanziamento ai gruppi. E cioè il mantenimento dell’attività politica dei consiglieri. Tutti e tre sono stati raggiunti da avviso di garanzia ieri mattina. L’accusa è di peculato, hanno utilizzato denaro pubblico per spese personali.
Recordman del bancomat facile è Michele Giovine che ha messo insieme scontrini per 121 mila euro, più 80 mila euro mai giustificati, nel periodo che va dall’inizio della legislatura Cota (maggio 2010) a oggi, al secondo posto c’è Maurizio Lupi con 74 mila euro, al terzo c’è Andrea Stara con 57 mila euro. Insieme a loro, una quarta consigliera regionale, Eleonora Artesio, Federazione della Sinistra, è stata raggiunta da avviso di garanzia con la medesima accusa. Ma nel suo caso si parla di cifre molto più basse, circa 12 mila euro in tre anni, per i quali è indagata. Lei però ha mantenuto un profilo molto meno colorito e ha speso di fatto per buoni pasto a collaboratori e tratte autostradali o biglietti ferroviari.
L’inchiesta della guardia di finanza di Torino, coordinata dai pm Andrea Beconi ed Enrica Gabetta, è partita alla fine di settembre, poco dopo lo scandalo laziale che aveva travolto Fiorito e compagni. A dare l’input alle indagini è stata l’intervista mandata in onda da una tv privata a Roberto Rosso, ex vicepresidente del consiglio regionale piemontese, poi diventato parlamentare del Pdl, che commentando gli sprechi della politica diceva: «So di un consigliere regionale che ha messo in rimborso spese una settimana bianca trascorsa a casa mia a Sestriere». La procura lo ha convocato qualche giorno dopo e immediatamente è scattato il blitz. I finanzieri hanno sequestrato decine di faldoni con l’intera documentazione relativa alle spese dei gruppi politici, compresi migliaia di euro di autocertificazioni per i rimborsi chilometrici delle trasferte, che si aggiungono a stipendi a cinque cifre e a gettoni di presenza di 122 euro per ogni seduta del parlamento regionale. Per ora gli investigatori si sono concentrati sui gruppi da un solo componente dell’ultima legislatura. Quelli che hanno anche i budget più ridotti. Da oggi parte l’esame delle spese di tutti gli altri anche i più facoltosi come Pd, Pdl e Lega.
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