Piazza Affari in rialzo del 7,8% nel 2012

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MILANO — Dieci mesi di Borsa da esportazione, poi 45 giorni di rally che danno il tono finale al Ftse Mib (+7,84%, ma solo a Londra e a Madrid l’indice è più fiacco), e agli auspici di un 2013 più normale. È il 2012 di Piazza Affari, meno peggiore del temuto quanto a performance, ma che non arresta la marginalità  del mercato tricolore: una sola quotazione (e buona: di Brunello Cucinelli che in otto mesi guadagna il 71%), volumi in calo a 2 miliardi di euro medi al giorno, raccolta col lumicino e pari a 10,3 miliardi (quasi tutti tramite ricapitalizzazioni che hanno messo in ginocchio i corsi, vedi Unicredit, Unipol e la galassia Fonsai). Tutt’altra musica, invece, per il reddito fisso: il boom dei titoli di stato trattati sul sistema Mot confermano Borsa italiana leader europeo di settore (nuovo massimo storico con 6,3 milioni di contratti pari a 320,2 miliardi di euro), e il Btp Italia di ottobre (da 18 miliardi) è il maggiore collocamento obbligazionario europeo dell’anno.
Il grafico azionario spiega quasi tutto, e va a braccetto con le tendenze macro. Dopo due anni negativi (solo nel 2011 ribasso del 25%) c’è un recupero, lontano però da quelli di Francoforte (+29%), Zurigo (+15%), Parigi (+14%), o il paniere Euro Stoxx 50 (+14,8%). Nei primi dieci mesi gli investitori hanno traccheggiato, cercando l’esposizione sui Paesi dove la parola crisi è ignota: quindi le società  esportatrici in Asia, Stati Uniti o “Brics”. Il movimento ha distinto le performance finali di Ferragamo, Diasorin, Prysmian, Buzzi, Tod’s, Luxottica, tutte nella top ten finale e con fatturati esterofili. Ma da novembre, complici l’annuncio di Mario Draghi a sostegno dei debiti periferici e la messa in sicurezza dei conti pubblici in Italia, Spagna, Grecia, gli operatori hanno chiuso le posizioni corte su queste Borse, rianimandole. Se questo sarà  il viatico verso una normalizzazione della congiuntura – che non si rivedrà  comunque prima di un anno – oppure nel 2013 dell’Europa torneranno turbolenze frutto del disequilibrio ormai strutturale di consumi, occupazione e politiche finanziarie, è un bivio che spacca in due analisti ed esperti.
Intanto attorno a Palazzo Mezzanotte ci si consola con una capitalizzazione complessiva risalita a 364 miliardi di euro, e al 22,5% del Pil (del resto sceso). E a una Borsa sempre più targata moda & Btp, come provano altri due eventi. Uno è il road show con Vogue di ottobre, con 100 investitori da tutto il mondo e 500 meeting richiesti; l’altro la performance brillante dei titoli del risparmio gestito, a partire da Azimut (+78,5%, migliore blue chip), che hanno avuto buon gioco a raccogliere a breve la liquidità  Bce e impiegarla in titoli pubblici. Tra i bancari, svettano le Popolari, mentre i big sottoperformano il listino. Contrastati gli energetici, guidati da Eni e Terna (circa +16%) ma con Enel e la costola Green Power in rosso. In fondo alla lista dei 40 ci sono Telecom (-17%), Mediaset (-26%) e l’indebitata A2a (-41%). In tutto le quotate sono 323, poco meno del 2011. A parte Cucinelli, tra i segmenti minori ci sono 5 matricole: erano 9 l’anno scorso, 10 nel 2010. Le società  che hanno lasciato Piazza Affari sono state invece 13. Unicredit si conferma il titolo più trattato sia per controvalore (89,9 miliardi di euro) sia per i 6,7 milioni di contratti. È anche il decennale degli Etf, altro segmento dove Milano si conferma leader, che nel 2012 sono aumentati a 800, con 147 nuove emissioni totali e masse gestite sopra i 20 miliardi.


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