Passo indietro della Rice L’amarezza di Obama

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NEW YORK — E’ la prima grande sconfitta diplomatica dell’Obama due. Ieri pomeriggio Susan Rice si è ufficialmente ritirata dalla corsa all’incarico di segretario di Stato per il dopo Hillary Clinton. Lo ha affermato la stessa ambasciatrice Usa all’Onu in una lettera inviata al presidente Barack Obama che fino all’ultimo aveva continuato a puntare su di lei, nonostante l’opposizione alla sua candidatura avesse unito destra repubblicana e media liberal.
Figlia di due accademici afroamericani di Washington, Rice era finita al centro degli attacchi del partito conservatore che da settimane poneva il veto alla sua possibile nomina per il modo in cui aveva gestito la vicenda dell’assalto al consolato americano a Bengasi dell’11 settembre, che costò la vita a quattro americani, incluso l’ambasciatore Usa in Libia Chris Stevens. La sua colpa: aver dichiarato che l’attacco non era stato un atto terroristico, ma il frutto di una protesta spontanea causata da un video anti Maometto.
«Se venissi nominata per la carica, al momento sono convinta che il processo di conferma sarebbe lungo, frammentario e dannoso, per lei e per le nostre priorità  interne e internazionali» ha scritto Rice ad Obama, aggiungendo di sentirsi «rattristata» da quest’esito. «Il nostro Paese non guadagnerebbe dal mio cambio di incarico. Perciò chiedo rispettosamente a lei, Signor presidente, che non consideri più la mia candidatura».
Il presidente non ha potuto che accettare la decisione, dettata probabilmente dal suo stesso entourage. «Ho parlato con lei e ho accettato la sua decisione», ha commentato Obama in una nota della Casa Bianca, in cui esprime «profondo rammarico» per gli «ingiusti» attacchi che la Rice ha subito. Il presidente ha poi precisato che l’ambasciatrice «resterà  all’Onu».
«Ha dimostrato di essere straordinariamente capace e le sono grato perché continuerà  a servire come nostro ambasciatore alle Nazioni Unite e membro chiave del mio gabinetto e del team per la Sicurezza nazionale». L’annuncio è stato aspramente criticato da Andrea Mitchell, una delle giornaliste televisive più influenti d’America. «Il fatto che una donna di colore sia stata espulsa dal processo di ratifica, prima ancora di essere nominata — ha commentato in diretta la moglie di Alan Greenspan — è un chiare segnale di sessismo e razzismo».
L’ultimo attacco alla credibilità  di Rice era arrivato dal New York Times, che in un lungo articolo di prima pagina l’ha accusata di essere amica dei despoti africani. Secondo l’autorevole quotidiano alla fine degli anni 90 Rice approvò tacitamente l’invasione della Repubblica democratica del Congo orchestrata dal presidente ruandese Kagame e sostenuta da Museveni, capo di Stato ugandese.
Dietro la sua ripetuta indulgenza nei confronti del governo ruandese ci sarebbe un palese conflitto di interessi: il Ruanda è stato suo cliente quando Rice era all’Intellibridge, un’azienda che si occupa di difesa, dove l’attuale ambasciatrice ha lavorato con altri alti funzionari dell’amministrazione Clinton, tra cui David Rothkopf, Anthony Lake e John Deutch.
Tramontata la candidatura della Rice, secondo il Washington Post, ora il favorito al posto di Hillary Clinton è il senatore del Massachusetts John Kerry, che i repubblicani non esiterebbero a confermare.
Alessandra Farkas


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