by Sergio Segio | 17 Dicembre 2012 8:43
ROMA — «Da quanti anni facciamo questa chiacchierata? — ha sussurrato con un filo di voce sofferente a Massimo Bordin, dopo due ore e dieci di trasmissione su Radio Radicale — Dieci anni, vero? Eh, spero di farne altrettanti… ». Nemmeno al sesto giorno di sciopero della fame e della sete Marco Pannella ha rinunciato al suo appuntamento radiofonico della domenica. Ma le sue condizioni di salute sono serie. O ricomincia a bere, o stavolta morirà . «Secondo i medici — sintetizza la deputata del Radicali Rita Bernardini — se continua il digiuno gli restano poche ore di vita».
Alle 17 di ieri si è collegato con la radio dal letto della clinica privata romana Nostra Signora della Mercede dove è ricoverato da sabato mattina. Il livello di glicemia è troppo alto, è disidratato, rischia da un momento all’altro il blocco renale. Durante la notte tra sabato e domenica Pannella, che ora pesa 74 chili, ha accusato un forte dolore al petto. Gli esami hanno scongiurato l’ipotesi di infarto, ma la sua pressione resta bassa. «C’è il grave rischio di compromissione della funzionalità renale e di complicanze cardio-circolatorie — scrive il professor Claudio Santini nel bollettino medico — bisogna iniziare immediatamente la terapia reidratante per via endovenosa».
Ma al momento Pannella non ne vuol sentir parlare. «Vado avanti, non interrompo niente». Con quasi 83 anni sulle spalle e un bypass coronarico inserito nel 1997, questo è lo sciopero della fame e della sete più duro della sua carriera politica. Soltanto in un’altra occasione aveva digiunato per sei giorni, uscendone con un danno permanente ai reni. L’obiettivo è sempre quello, rincorso da più di trent’anni e ribadito ancora ieri: «Ottenere che lo Stato italiano interrompa la flagranza tecnicamente criminale in termini di diritto internazionale». Come? «Con un provvedimento di amnistia e la concessione del diritto di voto ai detenuti». Il ragionamento dei Radicali, che riguarda lo stato in cui verte la giustizia, è questo: con l’amnistia si interromperebbe «la violazione dei diritti dei detenuti nelle carceri sovraffollate» e si liberebbero i magistrati dai processi arretrati. «Processi troppo lunghi, in violazione delle convenzioni europee, tanto che ogni anno ci sono 200 mila prescrizioni».
Gli stessi motivi che, sotto lo slogan “Amnistia, giustizia e libertà ”, nel Natale del 2005 e a Pasqua del 2006 convinsero migliaia di cittadini a scendere in
piazza.
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