ORRORI E PASSIONI IN AMAZZONIA

by Sergio Segio | 24 Dicembre 2012 8:48

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Chi vuole, può benissimo leggere Amazzonia di Massimo Livi Bacci come un romanzo. Le storie delle spedizioni lanciate alla scoperta del Grande Fiume, il Rio delle Amazzoni pullulano di avventure, rivolte, stragi, razzie, ostacoli dovuti a una natura sconosciuta e sorprendente.
La prima navigazione che percorre tutto il fiume è quella guidata da Francisco de Orellana, partita nel dicembre del 1541 e terminata nell’agosto successivo. Come tutti i suoi emuli, Orellana parte dal Perù e scavalca le Ande, costruisce le navi in loco e poi segue il corso d’acqua. Contro ogni buon senso e tradizione, perché in genere i fiumi si esplorano risalendoli dalla foce. Ma la leggenda vuole che proprio in quella zona andina si trovi l’Eldorado: secondo il
mito, gli indigeni affondavano periodicamente in una laguna barche colme di oro e pietre preziose in una sorta di rituale religioso. E quegli uomini, avventurieri prima che esploratori e colonizzatori, si mettono in viaggio a caccia soprattutto della ricchezza personale. La relazione sulla spedizione di Orellana è scritta dal domenicano Gaspar de Carvajal. Il frate durante la spedizione perderà  un occhio, trafitto dalla freccia lanciata da una guerriera india. E ne concluderà  di aver incontrato le favolose Amazzoni.
Vent’anni dopo, la storia più celebre, quella di Lope de Aguirre (il “furore di Dio” di un celebre film di Werner Herzog). Folle, un passato oscuro, Aguirre si lascerà  dietro una scia di sangue. Ucciderà  il capo spedizione, Ursùa, e la sua bellissima amante meticcia, Inés. Poi è la volta del nuovo capo, Guzmà n e dei suoi fedeli, in un luogo che verrà  chiamato “el pueblo de las matanzas” (il villaggio delle mattanze). Posseduto da una furia inestinguibile, Aguirre compirà  altre stragi, si proclamerà  tiranno, scriverà  una lettera di insubordinazione all’imperatore Filippo II e, prima di finire ucciso, pugnalerà  a morte la sua unica e amatissima figlia, «perché non restasse in mano ai nemici».
Ma la vicenda raccontata da Livi Bacci non è un romanzo. È il resoconto di come l’arrivo degli europei sconvolse e cambiò volto per sempre a un continente. Dopo l’esperienza del contatto con gli spagnoli, ad esempio, parecchie tribù di indios abbandonarono le rive del fiume e si isolarono all’interno della foresta dove si sentivano più al sicuro. A decimare le popolazioni furono le malattie, vaiolo più di ogni altra, fino ad allora sconosciute agli organismi amerindi. L’opera di evangelizzazione affidata ai gesuiti si risolse in un sostanziale insuccesso, limitandosi a una parte minoritaria, i più deboli e sottomessi. Tre secoli dopo le prime spedizioni, all’inizio dell’800, «quella società  variata e liquida che i primi navigatori avevano osservato con curiosità , sconcerto e timore, non esisteva più».
Perché, se le narrazioni inventate dagli uomini tentano di ridare un senso al caos della realtà , la storia invece porta a conclusioni poco consolatorie.
Amazzonia è il terzo libro che ha dedicato all’impatto europeo sull’America (i primi due sono Conquista e Eldorado nel pantano, sempre per Il Mulino), e questo è il bilancio di Livi Bacci: «I peggiori nemici della specie umana non sono le sette piaghe d’Egitto, ma i propri simili ».

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