Orlando e Ingroia: quarto polo è «rivoluzione civica»

by Sergio Segio | 4 Dicembre 2012 10:37

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Si respirava un’aria da «occasione storica» ad Acquasparta, dove si è svolto il decimo seminario della Rete 2018, con un occhio alla nascita di un vero e proprio movimento di democrazia costituzionale come prospettiva di riforma dell’intero sistema e l’altro all’oggi, alla potente accelerazione della crisi della democrazia dei partiti, generata da partiti senza democrazia.
Un movimento che ha cominciato tre anni fa in modo carbonaro per propria scelta, e che oggi si vede proiettato al centro del terremoto che scuote la politica perché sono diventate senso comune le analisi e le intuizioni che aveva sviluppato: la necessità  di riscrivere l’alfabeto dell’alternativa sottraendo le parole alla subalternità  al berlusconismo ieri e al pensiero unico montiano oggi; la morte dei partiti e la necessità  di superarla in senso opposto alla restrizione oligarchica della rappresentanza, costruendo più democrazia e partecipazione, immaginando una forma-partito fondata sulla pratica integrale della democrazia, attraverso la piena attuazione dell’art. 49 della costituzione; il nesso forte tra crisi democratica e crisi sociale, perché la primazia del denaro, che si esprime nel governo delle tecnocrazie finanziarie, produce un gigantesco aumento delle diseguaglianze sociali.
Tre anni fa sembravano temi destinati a restare nel pur utilissimo orto della riflessione intellettuale, proiettati in un futuro che, non a caso veniva indicato come orizzonte del nome stesso del movimento: Rete 2018. Metodo che è stato utilissimo e prezioso perché ha consentito un dialogo non condizionato dall’affanno della lotta tra i partiti e nei partiti spezzando i recinti e tessendo una tela che non disdegna affatto la riflessione strategica sulla necessità  di superare in una nuova e mai definitiva sintesi le culture politiche del novecento magari scoprendo che i loro stessi padri fondatori (per esempio Gramsci e Gobetti) si contaminavano molto più dei loro eredi.
La consueta libertà  di approccio propria di questi incontri anarchici e disorganizzati per definizione dove tutti siamo cittadini e basta, consente di trasformarsi nel suo stesso farsi e così si è creata una corrente di empatia e di condivisione con quanti nelle settimane scorse e in quegli stessi giorni riempivano di passione e di riflessione altri luoghi. Ecco allora Di Pietro, De Magistris, Ingroia, Bertinotti, ma poi anche la Tavola della Pace con Lotti, le Acli con Menna, l’esperienza dei sindaci con Balzani, Alba con Torelli, il movimento degli studenti con Link di Torino, l’esperienza del Partito Democratico statunitense con Civico, consulente di Clinton e Dean.
Acquasparta è diventata così parte di una grande Agorà , realizzando una parte del suo più grande sogno: quello di diventare il lievito culturale di una radicale rifondazione democratica che sostituisca agli attuali e moribondi partiti nuove sintesi che non potranno mai venire senza un nuovo protagonismo organizzato dei cittadini. Si avvertiva come una scossa elettrica, la sensazione di essere in sintonia con tutto un popolo, che abbia o no partecipato alle primarie, che oggi cerca una nuova rappresentanza politica. Perché, questo è certamente un punto fermo del seminario di Acquasparta, le troppe ambiguità  sull’oggi e sul futuro, soprattutto nel giudizio su Monti e il montismo, contenuti nell’insieme dell’offerta politica delle primarie, impone il tema di un «quarto polo».
«Auspichiamo – ha detto il sindaco di Palermo, Leoluca Orlando concludendo l’incontro – che già  nel 2013 si affermi una presenza elettorale in grado di rappresentare l’alternativa popolare alle politiche sociali senz’anima del governo Monti e al berlusconismo e che contrasti il vero e proprio furto di democrazia che questo governo sta esercitando soprattutto nei confronti delle nuove generazioni».
Il treno del «quarto polo» ha fatto dunque una fermata anche ad Acquasparta da dove però riparte non tanto con un altro passeggero ma soprattutto con la ferrea convinzione che il cantiere aperto non deve servire alla costruzione di un edificio chiuso in vecchi recinti partitici e ideologici. Una nuova offerta politica non può nascere rivolgendosi a una ristretta cerchia di cittadini, deve avere l’ambizione di interpretare il sentimento e la rabbia degli esclusi dalle politiche neo-liberiste e di coloro che si sono irreversibilmente allontanati dai partiti. Sono milioni di cittadini in movimento che si sono espressi nelle amministrative votando per i sindaci che hanno spezzato le logiche di appartenenza, nei referendum e anche nel non voto.
Ad essi non si potrà  offrire una pura piattaforma di resistenza, ma un programma di governo alternativo che rifiuti la gabbia del montismo (con o senza Monti) e proponga una «rivoluzione morale e civile», come ha detto Ingroia intervenendo al seminario di Acquasparta, e politiche sociali ed economiche a favore dei più deboli, dei giovani cui si scippa il futuro. Riforma democratica, diritti civili, giustizia sociale, politiche pubbliche in difesa della scuola e della sanità , i titoli di un programma di governo a favore della maggioranza degli esclusi.

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