“Ora una campagna elettorale costruttiva”

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ROMA — Cala il sipario sulla tredicesima legislatura. «Adesso – si augura il presidente della Repubblica – spero che la campagna elettorale si svolga in un clima anche competitivo ma condotta con il massimo della misura e in un spirito costruttivo». Il ritorno di Berlusconi sulla scena fa temere, sul Colle, una sessantina di giorni incandescenti di accuse e contraccuse fra i partiti.
Giorgio Napolitano firma il decreto di scioglimento delle Camere e il governo quello che fissa la data del voto: andremo alle urne il 24 e 25 febbraio. Un paio di mesi prima della conclusione naturale, si rammarica il capo dello Stato alla fine delle consultazioni lampo al Colle con i partiti, ma «la strada era segnata dai fatti, e non ci sarebbe stato neanche spazio per sviluppi in sede parlamentare della crisi». Pagelle su Monti non ne dà , «i giudizi spettano ai partiti», ma ricorda quanto la squadra dei tecnici ha dato «in chiave di credibilità  e di autorevolezza sulla scena europea e internazionale ». Il Pdl, che aveva tirato il sasso della crisi, al presidente della Repubblica ora spiega di non aver sfiduciato formalmente il governo Monti («non abbiamo presentato una mozione contro»), ma chiede garanzie sul ruolo in campagna elettorale del Professore, «rimanga sopra le parti se scende in campo» vogliono Cicchitto e Gasparri. Dal Pd un grazie al premier per i tredici mesi a Palazzo Chigi ma anche l’avvertenza che la fase dei tecnici si è chiusa, «il paese ora si merita politiche riformiste, progressiste, ovvero chi ha di più, più deve dare » propone Dario Franceschini.
Così, più che sul ruolo passato è su quello futuro del Professore che ruotano le consultazioni al Colle. «Ho preso nota delle preoccupazioni che mi sono state espresse – assicura Napolitano – e le trasmetterò al presidente del Consiglio». E, puntualmente, lo fa in serata, quando Mario Monti prende di nuovo la strada del Colle per la controfirma dei decreti che indicono i comizi elettorali e la prima riunione delle nuove Camere (15 marzo prossimo). E soprattutto, nei cinquanta minuti di colloquio, per anticipare a Napolitano quel che dirà  stamattina in conferenza stampa sui suoi programmi. A scanso di sorprese, come quella dell’8 dicembre scorso quando il Professore salì al Quirinale da premier e ne uscì da dimissionario. Da quel momento in poi, come ricostruisce il presidente della Repubblica parlando con i giornalisti dopo le consultazioni, la strada era segnata. Tutto già  scritto quando «il segretario del Pdl mi ha formalmente comunicato la decisione del suo partito di ritenersi libero di non appoggiare più il governo dopo l’approvazione della legge di stabilità  », e delle successive comunicazioni di Monti che «ha ritenuto dover trarre la conclusione delle dimissioni». Cammino inevitabile verso le elezioni che è stato percorso però anche con «eccezionale impegno» da parte del Parlamento che ha approvato in tempi rapidi la legge di stabilità , evitando il ricorso all’esercizio provvisorio. E non sarebbe stato un passaggio in Parlamento a cambiare la sorte del governo, si sarebbe prodotto lo stesso risultato delle dimissioni consegnate nelle mani del capo dello Stato, e che Monti ha presentato come irrevocabili. I tempi del resto non avrebbero
consentito di rinviare il governo alle Camere, «per la semplicissima ragione che da un lato avevamo davanti solo il tempo minimo per approvare la legge di stabilità  – ricorda Napolitano – e dall’altro ci avviavamo alla data di metà  febbraio per lo scioglimento della legislatura in quanto scadevano i 5 anni». Poi, il capo dello Stato dà  a tutti appuntamento al 31 dicembre per il messaggio al paese, svolgerà  qui «come da prassi le mie valutazioni su quello che è accaduto e che attende il Paese».


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