by Sergio Segio | 28 Dicembre 2012 9:23
BERLINO — Renate Apel, pensionata, settantaquattro anni, ha lavorato tutta la vita ad Amburgo, prima in uno di quegli stand dove si arrostiscono salsicce e poi in una fabbrica di sigarette. Adesso, con il suo assegno mensile, non riesce più a tirare avanti. Per sopravvivere, bussa ogni settimana alla porta della Hamburger Tafel, una «banca del cibo» che distribuisce alimenti recuperati nei supermercati e ristoranti. «Non posso nemmeno fare visita a mia figlia che vive a nord di Hannover. Essere poveri fa sentire anche più soli», ha detto a Der Spiegel, che ha raccontato recentemente il suo caso simbolo. Ma il suo è un problema di tanti, destinati a diventare ancora di più. Secondo i dati del ministero del Lavoro e degli Affari sociali, guidato dalla cristiano-democratica Ursula von der Leyen, saranno infatti centinaia di migliaia i tedeschi che dopo aver lavorato trentacinque anni percependo un salario lordo di 2.500 euro riceveranno una pensione di circa 688 euro, ritenuta inferiore ai livelli minimi di sussistenza. E a essere colpiti da un drastico abbassamento del livello di vita saranno tutti i cittadini, non solo casalinghe, lavoratori part-time e coloro che hanno gli stipendi più bassi, come ha chiaramente indicato Ursula von der Leyen attirandosi le critiche di molti colleghi di governo.
Queste cifre si riferiscono a proiezioni sul 2030, ma il problema della povertà nella fascia più anziana della popolazione è un’emergenza tra le più discusse già oggi in Germania. Per sua fortuna, Renate Apel sta bene. Ma tanti suoi coetanei, in cattive condizioni di salute, sono costretti a trasferirsi all’estero, dove l’assistenza alle persone che ne hanno bisogno è meno costosa. È un nuovo esodo, di cui ha parlato per primo il quotidiano popolare Bild, che ha smesso di descrivere la vita spensierata dei pensionati tedeschi che scelgono paesi esteri dove il tempo è più buono e la vita è meno cara per parlare invece dei tanti «profughi della salute» che vengono curati lontano dalla loro patria.
Stando alle cifre che sono state sottoposte all’attenzione dell’opinione pubblica dall’associazione di assistenza Sozialverband Deutschland (Vdk), oltre 10.000 pensionati tedeschi vivono in case di riposo ungheresi, ceche, slovacche. Altri anziani vengono assistiti e ricoverati anche in Ucraina, Grecia, Turchia e perfino in Thailandia, dove il potere di acquisto è superiore del settanta per cento. E si tratta di un fenomeno che aumenterà al ritmo del 5 per cento ogni anno, perché attualmente sono già circa 400.000 i tedeschi che non possono sostenere i costi di una struttura di accoglienza e di cura nel loro Paese. È stato calcolato che la spesa per un posto letto in un ospizio o in una casa di risposo tedesca varia dai 2.500 ai 3.400 euro mensili, e poco più della metà di questa cifra può venire coperta da un contributo della previdenza sociale. Al problema dei costi si aggiunge quello della scarsità di mano d’opera qualificata: se la tendenza non verrà invertita si prevede infatti che nel 2030 mancheranno quasi 500.000 lavoratori in questo tipo di strutture che già adesso di affidano a personale proveniente dall’estero.
Il governo sta tentando di correre ai ripari, ma i problemi da affrontare sono tanti e gli strumenti per risolverli sono diversi. Certo, non ci si può affidare al misterioso benefattore di Braunschweig, la città della Bassa Sassonia dove buste piene di contanti sono state fatte arrivare per qualche tempo, nei primi mesi di quest’anno, a strutture di assistenza, chiese, organizzazioni umanitarie. Anche lui è andato in pensione.
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