Oggi l’incontro decisivo con il Carroccio
MILANO — «Io sono l’unico che può battere la sinistra. E vinco anche senza il Pdl». Roberto Maroni ostenta sicurezza e, anzi, al Pdl non ne risparmia una, da «nell’ultimo anno le ha sbagliate tutte» a «non è riuscito a evitare le infiltrazioni della ‘ndrangheta in Lombardia». Tutto, e di più, per arrivare al punto vero: «Io non rinnego il lavoro fatto con il Pdl. Ma se vogliono sostenerci, non devono chiedere nulla in cambio». Più chiaro ancora: «Se volete sostenermi, sono disponibile. Ma non voglio condizioni come per esempio l’alleanza nazionale».
Che succede? Molti leghisti la chiamano «la scelta facile», anche se facile, in realtà , non è. Altri parlano dell’«ultimatum» di Roberto Maroni. Anche se non è affatto detto che tutti i nodi oggi saranno sciolti. Il fatto è che questo pomeriggio il segretario leghista incontrerà Silvio Berlusconi e Angelino Alfano. A cui, secondo fonti pdl, si aggiungerà anche Denis Verdini.
Il segretario nordista, i suoi lo proclamano convinti, porrà il suo aut aut all’ex premier. Sarà formulato, dicono, in termini «perentori» e dovrebbe suonare suppergiù così: «Caro Silvio, o fai un passo e indietro e rinunci a candidarti a premier in prima persona, oppure la Lega non potrà allearsi con il Pdl». Non per le politiche, certamente. Quanto alla Lombardia, appunto, «non vogliamo condizioni».
Non è poi questa gran novità : è la posizione che Maroni esprime da tempo. Di nuovo c’è che i tempi vanno restringendosi e che il quadro complessivo, con Mario Monti ufficialmente in campo, è un po’ più chiaro. Tutto finito, dunque? Niente affatto, e lo chiarisce lo stesso Maroni: «È una questione di giorni. Si chiuderà intorno al 10 gennaio, perché poi bisogna presentare le liste e i candidati: io ho già convocato il Consiglio federale l’8 gennaio».
Come mai i nordisti definiscono la posizione del movimento come la «scelta facile»? Il perché lo spiega un colonnello maroniano di spicco: «Alleandoci con Berlusconi, noi perderemmo a livello nazionale la metà dei nostri voti: la base non ne vuole sapere. Se Berlusconi ci portasse una dote di voti sufficiente a vincere in Lombardia, sarebbe un prezzo che si potrebbe pagare senza troppi rimpianti. Invece, così non è». Perché, prosegue il leghista, «i sondaggi ci dicono che anche insieme, rimarremmo qualche punto percentuale sotto a Umberto Ambrosoli», il candidato del centrosinistra in Lombardia.
Il problema ha un nome e un cognome: Gabriele Albertini. L’ex sindaco di Milano — già pdl ma a sua volta governatore in pectore che guarda a Monti e all’Europa — ieri ha scritto a Berlusconi per chiarire una volta per tutte che «per rispetto alla mia coscienza non rinuncio alla candidatura». Berlusconi ha colto la palla al balzo per un annuncio: «Albertini si è legittimamente candidato, ma adesso deve verificare che la sua candidatura, che tra l’altro non è più sostenuta da Formigoni e da Comunione e Liberazione, mette a rischio l’alleanza, anche a livello nazionale, tra noi e la Lega». Insomma, il governatore lombardo e i suoi supporter avrebbero abbandonato l’ex sindaco al suo destino.
Vero? Non vero? Comunque possibile e magari probabile: la risposta di Formigoni, sia pure filtrata dal suo staff, appare infatti un tantino eccentrica: «Non si conferma né si smentisce».
Marco Cremonesi
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