Nobel alla Ue, leader «latitanti»

by Sergio Segio | 9 Dicembre 2012 8:18

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OSLO — Disuniti alla meta, come quasi sempre. Il premio Nobel per la pace, simbolo teorico di concordia, verrà  consegnato domani all’Unione Europea, che è composta da 27 Paesi. Tutti invitati dalla Norvegia alla cerimonia di Oslo. Ma 6 o 7 di questi Stati, almeno fino a ieri notte, non avevano confermato la presenza dei loro leader all’evento: sono alcuni fra i grandi «euroscettici» ma anche altri non considerati tali, sono la Gran Bretagna, la Svezia, Cipro, la Slovenia, il Lussemburgo, la Repubblica Ceca, la Slovacchia, secondo la «lista nera» accreditata dall’agenzia di stampa norvegese e da vari altri media. Qualcuno l’aveva detto già  da mesi, che avrebbe dato buca: come David Cameron, il premier britannico assediato dai tanti suoi conservatori pronti al referendum anti-Ue: «Ce ne sarà  tanta, di gente, a ricevere il premio», aveva detto beffardamente già  in ottobre. O come Và¡clav Klaus, il mercuriale presidente ceco: «Questa cosa del Nobel alla Ue è stata un tragico errore. O per caso è stato uno scherzo?».
Ora l’imbarazzo si taglia a fette, nel prestigioso palazzo dei Nobel dove domattina si accenderanno le telecamere di tutto il mondo. Qualcuno sorride anche, visto che la Norvegia è pur sempre la nazione che per due volte ha gia detto «no» alla Ue, con un referendum. I portavoce ufficiali del premio, pur senza far nomi, ammettono comunque che non ci sarà  il previsto pienone istituzionale: «Siamo molto felici che vengano tanti leader — sussurrano diplomaticamente — ma non abbiamo mai pensato che venissero tutti». Altri non escludono che qualche «latitante» possa cambiare idea anche oggi, all’ultimo momento. Il premio verrà  ritirato (ma anche questa decisione è arrivata dopo settimane di dubbi e discussioni, e vari sbecchettamenti via Twitter) dal presidente della Commissione Europa José Manuel Barroso, da quello del Consiglio dei ministri Ue Herman Van Rompuy e dal presidente dell’Europarlamento Martin Schulz. In prima fila siederanno molti altri leader del continente: il presidente della Banca centrale europea Mario Draghi, Angela Merkel per la Germania, Mario Monti per l’Italia, Franà§ois Hollande per la Francia, e così via.
Ma quelle assenze, quegli altri che se ne resteranno a casa, guastano un po’ la festa: almeno per molti, sono come il coronamento di quanto la Ue ha fatto vedere di sé in questi mesi, fra tutti quei vertici sfumati in galoppate logorroiche, e tutti quegli Eurogruppo notturni con la Grecia o la Spagna ad attendere il mezzo panettone che doveva cadere dal tavolo dei ricchi. Non si è trovato l’accordo sul bilancio della Ue, non si è trovato l’accordo sull’unione bancaria o su un ruolo più forte per la Bce, o su altri nodi di cui si discute ormai da anni. Questi 6 o 7 leader che ora si chiamano fuori da una cerimonia così importante, sembrano voler additare al resto del mondo un’Europa incerta, insicura, inconcludente. Non c’è stato neppure il tentativo di camuffare la «gaffe» istituzionale: nessuno dei primi ministri (finora) dati per assenti ha accampato motivi di salute. Avrebbero detto (per esempio Và¡clav Klaus) che avevano altri impegni. In Svezia, invece, il premier Fredrik Reinfeldt annuncia la sua partecipazione ad altre 5 cerimonie per la consegna dei Nobel, domani a Stoccolma: la Svezia non fa parte dell’Eurozona, d’accordo, e Reinfeldt è noto come uno dei «falchi» più rigoristi, ma questo Nobel della pace doveva essere qualcosa al di sopra di tutto, avevano pensato i suoi organizzatori. È vero che 3 Nobel per la pace del passato — Desmond Tutu, Mairead Corrigan Maguire, Adolfo Pérez Esquivel — hanno chiesto che il premio 2012 non venga ritirato perché la Ue non è «il campione della pace che Alfred Nobel aveva in mente». Ma fino all’ultimo, si è sperato che l’Europa piegata dalla crisi potesse ritrovare in questa occasione un motivo d’orgoglio. Forse, non sarà  così. Stasera, intanto, nel centro di Oslo sfileranno due cortei anti Ue.
Luigi Offeddu

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