Nell’Agenda crescita, lavoro meno tasse e patrimoniale

by Sergio Segio | 24 Dicembre 2012 8:41

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ROMA — «Sia io che tutti noi riceviamo appelli numerosi e molto diversi di gruppi, organizzazioni, associazioni e singoli che semplicemente dicono che la gente è molto arrabbiata con il mondo della politica, che talora la disgusta, ma vorrebbe potersi avvicinare ad una politica diversa». La premessa all’Agenda di Mario Monti, nella lettera che accompagna il documento vero e proprio, trova un riscontro nel capitolo dedicato alle grandi riforme: «il primo atto del nuovo Parlamento — scrive il Professore — deve essere la riforma della legge elettorale». Si accompagnerà  alla «drastica riduzione» dei finanziamenti pubblici ai partiti e dei rimborsi elettorali. Sarà  la «sterzata» imposta dai «recenti inaccettabili episodi di corruzione e malcostume».
L’asse portante dell’Agenda, resta comunque lo sviluppo. «L’Italia deve battersi per un’Europa più comunitaria e meno intergovernativa, più unita e non a più velocità , più democratica e meno distante dai cittadini». Un’ Europa in cui «non serva battere i pugni sul tavolo», ma «credibilità ». Un’Europa a cui chiedere «politiche orientate nel senso di una maggiore attenzione alla crescita».
L’economia Con la crescita e il lavoro resta in primo piano nel programma del Professore che non trascura i temi della giustizia nè quelli dell’ecologia e della presenza delle donne nelle istituzioni, nelle imprese e nella società . Lavoro va incentivata «con una detassazione selettiva dei redditi di lavoro femminile».
Lavoro È al primo posto, perché i disoccupati sono tanti e soprattutto giovani. Il governo Monti ha varato la riforma del mercato del lavoro e «non si può fare marcia indietro. Bisogna proseguire sulla strada tracciata completando le parti mancanti come quelle relative al sistema di ammortizzatori sociali, al contenuto di formazione dell’apprendistato o alle politiche attive del lavoro e all’efficacia dei servizi per l’impiego». E poi servirà  «una drastica semplificazione normativa e amministrativa»; il superamento del dualismo tra lavoratori sostanzialmente dipendenti protetti e non protetti; la riduzione «a un anno al massimo» del tempo medio del passaggio da un’occupazione all’altra; lo spostamento verso i luoghi di lavoro del baricentro della contrattazione collettiva, favorendo il collegamento di una parte maggiore delle retribuzioni alla produttività  o alla redditività  delle aziende. E poi «bisogna rilanciare con un Piano per l’Occupazione giovanile, per sostenere l’inserimento dei lavoratori tra i 18 e i 30 anni» e intervenire per i lavoratori over 55 disoccupati e senza requisiti per la pensione.
Crescita Con un debito che supera il 120% del Pil «non si può seriamente pensare che la crescita si faccia creando altri debiti. Non è una questione di cieco rispetto di vincoli europei o sottomissione ai mercati. È la realtà , scomoda, dei numeri». Lo spread, spiega Monti, conta per le imprese e i lavoratori, perché finanziare il debito pubblico costa agli italiani 75 miliardi in interessi annuali, ovvero circa il 5% del Pil. Ridurre di 100 punti base il tasso di interesse che paghiamo sul debito, vale 20 miliardi a regime. E da novembre 2011 il tasso di interesse è calato di oltre 250 punti. «La crescita si può costruire solo su finanze pubbliche sane».
Tasse «Ridurre le tasse diventa possibile». Per la prossima legislatura «occorre un impegno a ridurre il prelievo fiscale complessivo, dando la precedenza alla riduzione del carico fiscale gravante su lavoro e impresa». Questa va comunque perseguita anche trasferendo il carico corrispondente su grandi patrimoni e sui consumi che non impattano sui più deboli e sul ceto medio. Servono meccanismi di misurazione della ricchezza oggettivi e tali da non causare fughe di capitali e occorre riformare il sistema tributario.
La spesa La spending review ha permesso risparmiare 12 miliardi e ulteriori risparmi verranno nel 2013, quando le misure entreranno pienamente a regime. L’azione di riduzione dei costi è però all’inizio. Deve proseguire la riqualificazione della spesa corrente, salvaguardando la spesa per investimenti, infrastrutture, ricerca e istruzione. La spending review «deve diventare un metodo ordinario per la gestione corretta ed efficiente delle amministrazioni pubbliche, prima fra tutte quella statale». Nello stesso tempo «è necessario impegnarsi a proseguire e intensificare la politica delle liberalizzazioni, di apertura dei mercati dei beni e dei servizi, sulla base di un adeguato processo di consultazione pubblica, nelle industrie a rete, nei servizi pubblici locali e nei servizi resi da lavoratori autonomi e liberi professionisti».
Scuola Via a meccanismi di incentivazione dei dirigenti scolastici e degli insegnanti, ad esempio attraverso un premio economico annuale agli insegnanti che hanno raggiunto i migliori risultati. Bisogna ridurre il tasso troppo alto (18%) di abbandono scolastico.
Giustizia e politica Va introdotta una coerente disciplina del falso in bilancio e completata la normativa sull’anticorruzione, l’antiriciclaggio e l’autoriciclaggio. Va rivista la riduzione dei termini di prescrizione per garantire in modo più adeguato l’azione di prevenzione e contrasto di diversi gravi reati. Va decisa «la drastica» riduzione dei contributi pubblici anche indiretti ai partiti e ai gruppi parlamentari e dei rimborsi elettorali, con l’introduzione di una disciplina di trasparenza dei bilanci con la perfetta tracciabilità  dei finanziamenti privati e una soglia massima per gli stessi contributi. Chi riveste cariche pubbliche dovrà  dichiarare i propri interessi economici e patrimoniali all’inizio e alla fine dell’incarico per verificare eventuali arricchimenti illeciti. E serve il divieto di cumulo tra indennità  parlamentare e le retribuzioni da altre attività  professionali.
Stefania Tamburello

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