Montiani (e non): quel drappello pronto a staccarsi dal Pdl

by Sergio Segio | 8 Dicembre 2012 8:00

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ROMA — All’apparenza lo strappo di Berlusconi ha ricompattato le varie anime del Pdl, ma sottotraccia è un ribollire di sentimenti e l’unica forza che sembra in grado di muovere i singoli parlamentari è l’attaccamento al seggio. Se il Cavaliere puntava allo «spacchettamento» del partito, l’obiettivo può dirsi quasi raggiunto. «Di scissione si parla molto — conferma Isabella Bertolini, uscita in tempi non sospetti per passare al gruppo misto —. Vedo molta confusione, ma tutto può ancora succedere».
I segnali di uno smottamento, in caso di parlamentarizzazione della crisi, ci sono tutti. «L’astensione sul voto di fiducia è stata solo la prova generale», prevede Giorgio Stracquadanio. E anche se lo scenario di un Monti che si presenta alle Camere col rischio di farsi sfiduciare è altamente improbabile, a Montecitorio hanno ripreso a girare i foglietti con i numeri di una ipotetica maggioranza senza Berlusconi e Alfano. «Berlusconi rischia un 14 dicembre al rovescio» dice chi spera in una conta sanguinosa, evocando il giorno di un anno fa in cui fu Berlusconi a cadere per il «tradimento» dei suoi.
I «responsabili» neomontiani sono saliti a dieci: Francesco Biava, Giuliano Cazzola, Marcello De Angelis, Franco Frattini, Mario Landolfi, Gennaro Malgieri, Alfredo Mantovano, Carlo Nola, Barbara Saltamartini e Mario Valducci hanno dato il via libera al decreto che taglia i costi della politica, nonostante gli sms di Cicchitto con l’indicazione di astenersi. Fra i neomontiani ci sono l’ex ministro degli Esteri Frattini, il fondatore dei Circoli della Libertà  Valducci e Giuliano Cazzola, che ha già  messo in conto di non ricandidarsi. Ma una parte della fronda si richiama a Gianni Alemanno, il quale starebbe dialogando con i ciellini per mettere su un rassemblement di «responsabili» disposti a prolungare la legislatura. Ci sarebbero già  una ventina di deputati pronti a formare un gruppo, il cui unico collante sarebbe il sostegno «temporale» a Monti. «Il premier deve metterci la faccia», spinge Cazzola. L’eterno ritorno del Cavaliere lacera anche gli ex An. Giorgia Meloni starebbe ragionando con Crosetto sull’opportunità  di dar vita a un’area antimontiana e antiberlusconiana. Gasparri e La Russa aspettano di sapere se Berlusconi tornerà  alla vecchia Forza Italia. E mentre trattano un seggio con Alfano, tengono in caldo il simbolo della nuova destra che, in caso di rottura, potrebbe saldarsi con quella di Storace. Al Senato l’agitazione è speculare. Beppe Pisanu non lascia il gruppo solo perché guida l’Antimafia: «Cosa dovrei fare di più per marcare la distanza, salire sul tetto?». Ferruccio Saro tiene i contatti con altri senatori tentati dal centro. E a Palazzo Madama si dice che il Vaticano stia premendo sui cattolici vicini a Quagliariello, Roccella e Vignali, perché non cedano alla nuova ondata di populismo. «Berlusconi non è più il leader adeguato», lancia la sfida l’eurodeputato Mario Mauro. E mentre Gabriele Albertini pensa di non rinnovare la tessera, in Lombardia la scissione è sempre più vicina. «È meglio che il governo prosegua la sua azione fino a fine legislatura», scrive su Twitter Roberto Formigoni.

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