by Sergio Segio | 31 Dicembre 2012 8:45
ROMA — Tre voti almeno era sicura di averli portati a casa: «Quello di mia madre e del mio compagno, perché ce li ho trascinati di peso, e il mio» racconta Marianna Madia, 32 anni, deputato uscente, esperta di lavoro e precarietà , che ce l’ha fatta: avrà un posto in lista. Delle parlamentarie «giustissime, Bersani ha fatto bene a volerle», rimpiange soltanto i tempi stretti: «Una sola settimana, con Natale in mezzo». Di più, dice, non poteva fare. «Ho cercato tutte le persone con cui ho lavorato in questi cinque anni. Gente che conoscevo, niente liste preconfezionate. Ho fatto incontri, mandato centinaia di sms e di mail, ma non in batteria, personalizzate, creando tipo delle catene di Sant’Antonio, ma soprattutto sono stata ininterrottamente al telefono, ho l’orecchio fuso». Per una che nel 2008 — con in dote la sua celebre inesperienza — fu capolista nel Lazio con Veltroni, non è stato semplice affrontare le primarie contro molti big del Pd romano. «È chiaro che è stato privilegiato chi ha un rapporto territoriale, quasi municipale. Molti infatti non se la sono sentita ed è stato un peccato, ma trovare 500 firme di iscritti in due giorni non era facile». L’avventura, in ogni caso, è stata istruttiva: «Ho capito molti meccanismi nel partito, di cui mi sento una nativa. Ci sono tanti aspetti da perfezionare, nella federazione romana». Livia Turco l’ha aiutata. Il suo ex compagno di banco a Montecitorio, Massimo D’Alema no «ma lui è un padre nobile del partito, non si mette a fare campagna. Però in ogni caso mi mancherà . Nessuno sarà mai come lui».
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