by Sergio Segio | 13 Dicembre 2012 7:37
BOLOGNA — Divisi e in battaglia sotto lo stesso vessillo. L’Emilia-Romagna, il territorio fiore all’occhiello dei Cinque Stelle, quello dei primi successi elettorali con l’elezione di Giovanni Favia prima in Comune a Bologna nel 2009, poi (con Andrea De Franceschi) in Regione l’anno successivo, quello del boom a Parma con Federico Pizzarotti alle scorse amministrative, ora sembra sempre di più una cicatrice nel cuore del movimento.
Salsi e Favia vanno ad allungare la lista degli epurati da Beppe Grillo. Si aggiungono a Valentino Tavolazzi, al gruppo di Cento e a Ivano Mazzacurati (non ancora allontanato, ma querelato da Gianroberto Casaleggio). Un drappello sempre più nutrito, con alle spalle l’appoggio dei militanti: un paradosso da risolvere per Grillo. Sia Favia sia De Franceschi nel loro tour di conferma semestrale hanno ricevuto per il momento percentuali bulgare di gradimento da parte della base. E il consigliere regionale ieri sera non si è tirato indietro nemmeno all’ennesima sfida, andando a giudizio (da «scomunicato») di fronte ai grillini modenesi. «Finirà il suo giro di conferma come da programma a Ravenna», dicono fonti vicine a Favia. Una prova di forza che sembra solo il primo atto di uno scontro appena cominciato.
Sembra lontano una vita il commento ai risultati delle Parlamentarie, che premiavano militanti a lui vicini: «Faccio fatica a trovare le parole per l’immensa gioia che provo», scriveva. Ieri i toni su Facebook erano altri: «Gli interessi privati, i personalismi, la verticalità organizzativa, la fede messianica in un leader, non sono mai state nel nostro Dna, non sono mai state i nostri semi. Accettare una deriva di questo tipo significherebbe arrendersi. E noi invece non ci arrendiamo mai».
«Siamo all’inizio del crollo», ha commentato Tavolazzi. E ha attaccato: «Il movimento è anche nostro, non solo di Beppe Grillo. Nessuno cacci nessuno senza confronto e libere votazioni. Il movimento è la casa di chi ha contribuito e contribuisce a costruirla. È fuori chi viola il non statuto come Casaleggio. Siamo nati promettendo democrazia interna e decisioni condivise». Su Facebook si stanno già creando dei gruppi a sostegno dei dissidenti, come il Candidato Mascherato. «Consideriamo inappropriata la gestione assolutamente verticistica del movimento» affermano i ribelli. La pagina sul social network si chiamerà «Osservatorio M5S» e raccoglierà in forma anonima segnalazioni di eventuali ambiguità riguardanti i grillini. «Non è nostra intenzione danneggiare il movimento — dichiarano —, ma crediamo di essere arrivati troppo in là (quasi in Parlamento!) per lasciare tutte le scelte, ma soprattutto il controllo dei voti, a Beppe Grillo».
Questa battaglia potrebbe anche riservare inaspettati colpi di scena. A partire proprio dal vessillo, dal logo del movimento, di cui è stato proibito l’uso ieri ai due consiglieri. «Dopo il provvedimento, ancorché non ci sia formale diffida, la domanda è che risvolti possa avere questo strappo a carattere istituzionale — spiega l’avvocato Riccardo Novaga —. Da una parte c’è un privato, dall’altra dei consiglieri eletti a un’assemblea parlamentare regionale: ci si chiede se si possa inibire l’uso del segno distintivo di un gruppo parlamentare». E argomenta: «Normalmente i segni distintivi dei partiti sono patrimonio di associazioni, in questo caso si tratta di un marchio registrato da un cittadino anche a carattere commerciale». I ribelli forse potrebbero quindi continuare a utilizzare le cinque stelle? «Sono questioni che saranno oggetto di indagine, non lo escludo», afferma il legale. «Bisognerà valutare».
Emanuele Buzzi
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