«Sì a un vicepremier leghista»

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ROMA — Mentre tutto il suo partito — da Cicchitto a Gasparri — avverte Monti che un’entrata diretta nell’agone elettorale sarebbe «una lacerante forzatura» da censurare e combattere, Silvio Berlusconi continua la campagna a tappeto in tivù convinto che la partita sia ancora «tutta da giocare».
Forte di sondaggi che, come assicura Paolo Bonaiuti, lo danno in costante ascesa («Siamo ormai al 20%, e siamo solo all’inizio della campagna elettorale»), il Cavaliere non si mostra preoccupato della concorrenza che il premier andrebbe a fargli nel fronte moderato: «Dai nostri calcoli — ha spiegato ai suoi interlocutori in queste ore — su 5 punti Monti ne prenderebbe 4 al Pd e solo 1 a noi. Sono loro i più preoccupati oggi, noi al contrario potremmo avvicinare il centrosinistra». E questo perché gli elettori del Pdl, ne è convinto Berlusconi, non sono minimamente attratti dal messaggio e dalle politiche del Professore.
Ragione per cui il Cavaliere — che oggi sarà  a Unomattina e ieri si è fatto intervistare a Retequattro, oltre ad aver mandato pure lui i suoi cinguettii su Twitter tramite lo staff e l’account @berlusconi2013 — prosegue con la sua linea di attacco alla piattaforma del premier che con misure di austerità  ha impoverito il Paese e con il suo programma può fare solo danni: «L’agenda Monti non è che la continuazione della politica del governo tecnico, su ispirazione della Germania. Una cura sbagliata, che ha portato ai numeri che conosciamo, con risultati negativi». Per questo «non sono io che gli ho offerto la guida del centrodestra, è stato il Ppe», dice oggi smentendo la rivendicazione di qualche giorno fa sul suo merito nell’aver chiamato il Professore a guidare i moderati. E insiste sulla «congiura internazionale» che ha fatto cadere il suo esecutivo, quello che aveva reso l’Italia «la seconda economia d’Europa», motivo per cui «io non venivo affatto irriso in Europa, venivo temuto».
Ma se la linea antimontiana sul versante economico sarà  quella che caratterizzerà  la campagna elettorale del Pdl, con promesse come l’abolizione dell’Imu e il calo delle tasse, e se potrebbe essere quello semplificato in un tweet il messaggio che si vorrà  far passare («Monti e la sinistra sono facce dela stessa medaglia»), Berlusconi per contendere davvero al Pd la vittoria sa che ha bisogno di altro. Ovvero di un’alleanza con la Lega che torna ad invocare, anche arrivando a proporre un ticket con lui candidato premier e un esponente del Carroccio come vice.
«Non ho obiezioni ad un vicepresidente leghista se il Carroccio ci darà  un contributo elettorale… — assicura il Cavaliere —. Resto convinto che la soluzione migliore sia la maggioranza assoluta del Pdl, ma se la maggioranza si raggiungesse con un solo alleato, che è la Lega, con cui abbiamo lavorato bene, questa potrebbe essere una soluzione». Un’ipotesi non nuova, se è vero che nei giorni scorsi si era affacciata l’ipotesi di un ticket con Tosi in cambio del sostegno in Lombardia a Maroni, ma che ancora non è realtà .
I contatti anche in questi giorni proseguono, e c’è chi tra i fedelissimi di Berlusconi, come Daniela Santanchè, scommette che l’intesa si farà , anche perché come minaccia l’ex premier in caso contrario «verrebbe meno anche l’alleanza cin Veneto e in Piemonte». Ma un accordo ancora non è stato siglato. Calderoli che si fa promotore di un’offerta anomala (Berlusconi capo della coalizione e Tremonti premier) è una conferma che nella Lega c’è molto fermento e i boatos di questi giorni natalizi attribuiscono un ruolo niente affatto secondario a Bossi nella partita. Un Bossi che, si dice nei pour parler lombardi, potrebbe creare non pochi problemi al segretario del Carroccio con una possibile candidatura-sfida niente meno che nelle liste del Pdl…
Se sia fantapolitica o un’arma che si sta giocando nelle trattative è da capire, ma l’obiettivo di Berlusconi è chiaro: ottenere un’alleanza forte che gli permetta di competere davvero con un centrosinistra che sarebbe a «meno di 5 punti da noi». E questo nonostante Monti, contro il quale comunque dal Pdl sparano a pallettoni, considerando il suo ruolo di eventuale candidato non compatibile con quello di premier che deve portare il Paese alle elezioni: «Sarebbe un vulnus lacerante se sviluppasse una campagna elettorale alla guida di uno schieramento centrista contro il Pdl e la facesse utilizzando la carica di premier alla quale è stato nominato proprio con il concorso dello stesso Pdl», protesta Cicchitto e con lui Gasparri, mentre il collega Lauro ha già  la soluzione: Monti lasci a Schifani, presidente del Senato, il suo incarico per il disbrigo degli affari correnti.
Paola Di Caro


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