Lo strappo di Passera: non sono più disponibile
ROMA — Sin da quando è nato il governo Monti, il 16 novembre di un anno fa, era già per molti «il candidato». Nel senso che tanti, a destra e a sinistra, attribuivano a Corrado Passera il desiderio di fare prima o poi il grande salto dalla finanza alla politica, lui che è stato a capo delle Poste italiane e di Intesa Sanpaolo. E una conferma di questo suo interesse, collocato al Centro della politica italiana, l’aveva dato ancor prima con la partecipazione, nell’ottobre del 2011, alla prima riunione di Todi, il convegno che rappresentò il disagio dei cattolici delle associazioni e del mondo del lavoro nei confronti del governo Berlusconi. Ecco perché, anche se non si era mai legato ad una formazione centrista già esistente, né di partito (come l’Udc), né della società civile (come Italia Futura di Montezemolo), tutti davano ormai per certa la sua discesa in campo. Di questo e di altro, di politica, aveva parlato nei giorni scorsi con Mario Monti.
Fino a ieri, quando, nel corso della riunione che ha segnato la decisione finale su come il nuovo soggetto dovrà presentarsi alle politiche, ha registrato lo strappo: «La mia linea non è passata. Mi dispiace, ma a questo punto non sono più disponibile». Chi è stato attorno al tavolo delle trattative lo ha visto combattere fino all’ultimo per la sua idea, quella di una lista unitaria sia alla Camera che al Senato, a significare la compattezza del progetto montiano. Con Mario Monti che l’ha ascoltato e che, prima di decidere, ha voluto sentire nuovamente il parere di tutti su un tema così delicato, che inciderà sulla campagna elettorale. E l’ha visto discutere lungamente con chi, invece, era contrario all’idea di annullarsi sotto una stessa sigla, là dove, alla Camera, non si è costretti dal Porcellum a procedere uniti. Problema di identità per l’Udc di Pier Ferdinando Casini, problema di chiarezza e novità in campo per il movimento di Verso la Terza Repubblica. Uno scontro di idee che, assicurano tutti gli interlocutori, ha sempre avuto toni civili, senza nascondere però una diversità di vedute e di strategie, a tratti netta.
Le ragioni della lista unitaria alla fine non hanno prevalso, anzi si è parlato della possibilità che nascono anche più di due liste. Per Passera si trattava di una questione «dirimente» rispetto alla sua scelta personale. E, visto che «non c’erano più le condizioni», ha detto chiaramente che non si candiderà . Ai suoi interlocutori ha spiegato ugualmente che le offerte elettorali, diverse anche se collegate tra di loro, daranno a suo giudizio l’impressione di un «franchising» che Monti non riuscirà a controllare pienamente. Convinto che il premier dimissionario propendesse di più per la lista unica, ma che alla fine abbia dovuto prendere atto di una maggioranza dei presenti favorevole invece ad una diversificazione delle proposte centriste.
Che farà ora? Il suo lavoro di ministro che riserva ancora progetti da portare a termine. Poi si vedrà . Resta nel «più candidato» in pectore tra i ministri montiani l’amarezza per la partita persa, come ha detto durante la riunione centrista: «Peccato davvero. Si era ad un passo da un soggetto nuovo che poteva fare la differenza: sarebbe stata una vera svolta». Con gli altri che invece gli ripetevano che il progetto potrà andare avanti anche in questo modo, così come poi l’ha spiegato in conferenza stampa il Professore. Perché comunque al Senato si correrà insieme sotto uno stesso simbolo e poi perché le liste saranno federate e i candidati fortemente controllati da Monti attraverso Enrico Bondi. Ma non è bastato a convincere il ministro. Che alla fine della riunione ha confermato: «Non sono più della partita».
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